Sarà presentato prima del Vertice europeo sulla stessa materia in programma alla fine di giugno
Al termine dell’incontro tra il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e il premier italiano, Enrico Letta, quest’ultimo ha assicurato che il governo presenterà un Piano nazionale contro la disoccupazione giovanile prima del Vertice europeo previsto per la fine di giugno e dedicato proprio alla lotta contro la disoccupazione giovanile. Il piano nazionale, ha precisato il premier, “sarà composto da molti interventi che toccheranno vari problemi tra cui l’istruzione e il Sud” e “darà più forza al Vertice europeo” stesso.
L’urgenza della lotta contro la disoccupazione non solo è stata richiamata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – che per la verità insiste su questo tema da mesi e, da ultimo, dall’esito elettorale in poi, sostenendo, come si ricorderà, le larghe intese proprio per dare risposte al Paese e ai giovani e per arginare la crisi economica dilagante – ma dalla drammaticità della situazione, dagli imprenditori e dai disoccupati che si suicidano, dal grido di allarme proveniente da chi non trova un posto, dalle famiglie che non arrivano non alla terza settimana ma alla seconda, dalle imprese che chiudono, dai consumi che si abbassano, eccetera. La situazione economica si sta avvitando in un vortice di recessione da cui sarà molto duro uscire.
Questa situazione, come si sa, non è solo italiana, ma europea e generale. Cominciamo da qualche cifra fornita dall’Istat. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è pari al 41,9% nel primo trimestre del 2013. Quello di disoccupazione generale è salito al 12,8%. Altre cifre: nel primo trimestre 2013 si sono persi oltre 100 mila posti precari. Ed ora passiamo all’Eurozona (17 Paesi). La disoccupazione ha raggiunto il livello più alto mai raggiunto dal 1995: il 12,2% contro l’11,2% dell’aprile del 2012. La disoccupazione giovanile nell’Eurozona ha raggiunto quota 24,4 (in Italia, come detto, è al 41,9%, cioè quasi il doppio). In termini generali il nostro Paese sta meglio solo della Grecia, della Spagna e del Portogallo, i cui tassi di disoccupazione arrivano rispettivamente al 27%, al 26,8% e al 17,8%. Se la media della disoccupazione è del 12,2, vuol dire che altri Paesi hanno un tasso ridotto: l’Austria il 4,9%, la Germania il 5,4% e il Lussemburgo il 5,6. I disoccupati dell’Eurozona sono 19,3 milioni, mentre nell’insieme dell’Europa, cioè dei 27 Paesi membri, sono 26,5 milioni. Abbiamo indicato queste cifre per mostrare che la situazione è grave e che quindi bisogna adottare “misure choc”per invertire la tendenza e favorire la crescita. Il governatore della Banca d’Italia ha osservato che “l’azione di riforma ha perso vigore nel corso dell’anno passato, anche per il progressivo deterioramento del clima politico”. In sostanza, ha detto, “non siamo stati capaci di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi 25 anni”.
In attesa del Piano nazionale contro la disoccupazione giovanile, il governo ha approvato in cdm due provvedimenti, già annunciati un paio di settimane fa: il ddl sul taglio dei rimborsi ai partiti e il decreto per il risparmio energetico e le ristrutturazioni edilizie. I punti principali del decreto sono il prolungamento della detrazione sugli interventi di riqualificazione energetica degli immobili (la percentuale sale dal 55% al 65%) e della detrazione al 50% sulle ristrutturazioni semplici fino al 31 dicembre 2013 (ecobonus). In sostanza, il cittadino avrà sconti sulle ristrutturazioni (ad esempio il tetto), sull’acquisto di nuove caldaie, sui mobili (ad esempio cucine), su porte e finestre. Tutto questo per rilanciare l’edilizia e dar lavoro alle imprese, ma anche agli artigiani e alle fabbriche che producono materiali per l’edilizia. Si tratta di una prima misura, appunto, in attesa di un piano più ampio. Quanto al finanziamento ai partiti, nel ddl del governo si aboliscono i rimborsi elettorali a partire dal 2017, ma nel frattempo i fondi verranno progressivamente diminuiti. Quando la riforma comincerà ad essere applicata, le fonti di finanziamento saranno tre, due private e una pubblica. Per le contribuzioni private sarà istituito il 2×1000: i cittadini nella dichiarazione dei redditi del 2015 per il 2014 potranno scegliere di darlo al proprio partito, specificandolo, oppure allo Stato che costituirà un fondo (massimo 61 milioni di euro) da cui attingeranno i partiti in base ai voti elettorali. La seconda fonte privata saranno le contribuzioni volontarie, soggette a detrazione. La terza fonte di finanziamento consisterà in tariffe telefoniche, in sedi concesse dal demanio e in spazi televisivi gratuiti sulle reti del servizio pubblico.
Precisiamo che si tratta di un disegno di legge, quindi il Parlamento potrà apportare modifiche, tra l’altro già annunciate. I punti critici del ddl sono che il contribuente, scegliendo il partito al quale dona il 2×1000, automaticamente confesserà per chi vota. Se il contribuente non sceglie a chi darlo perché magari non vuole darlo, automaticamente lo dà allo Stato che lo convoglia comunque nel fondo dal quale attingeranno i partiti. Insomma, c’è chi dice che il rimborso elettorale esce dalla porta e rientra per la finestra, anche perché quando lo Stato dovrà ristrutturare gli immobili da concedere gratuitamente come sedi dei partiti (a livello nazionale e locale), spenderà soldi dei contribuenti, cioè pubblici. Non solo: lo Stato non riceverà affitti per gl’immobili concessi gratuitamente, quindi riceverà meno entrate. Insomma, in Parlamento il ddl sarà approfondito e, speriamo, migliorato. Il sistema precedente e tuttora in vigore non va non perché non debba esserci un rimborso, ma perché i rimborsi sono eccessivi. Per risolvere il problema – ammesso che sarà risolto – basterebbe fissare una tariffa minima ma adeguata e non aumentarla, ma in Italia, si sa, si rendono difficili le cose semplici.