Le scelte del 2012 saranno cruciali per la sopravvivenza della moneta unica
Dieci anni fa, il primo gennaio 2002, salutato in Italia da uno dei suoi padri più convinti, Carlo Azeglio Ciampi allora al Quirinale, entrava in circolazione l’euro. Nessun problema tecnico degno di nota, nessun impazzimento dei bancomat nella notte del changeover, ma solo l’ utilizzo dei kit arrivati prima di Natale per far prendere confidenza agli italiani con la nuova moneta. La valuta segnava l’addio a storiche monete, la millenaria lira, il franco, il fiorino e anche il leggendario marco tedesco, sulla cui solidità la nuova moneta fu disegnata, modellata e ancorata alla Bce, la banca centrale europea di nome ma tedesca di fatto, in cambio del sì tedesco alla valuta transnazionale. Undici furono i pionieri tra cui, non senza fatiche e consueto impegnativo rush, anche l’Italia, che per adottare l’euro da subito impose anche una tassa apposita. Assente la Grecia che avrebbe avuto un anno di tempo in più per aggiustare, anche in modo poco ortodosso si sarebbe scoperto dopo, i propri conti pubblici. Oggi sono 17 e, non perchè il numero almeno da noi porti sfortuna, l’euro è entrato in crisi profonda, assaltato dagli speculatori, con una banca centrale impegnata a difenderlo senza poter però stampare autonomamente moneta o farsi garante di ultima istanza dei debiti pubblici dei Paesi membri: quelli più indisciplinati, in questo momento, Italia e Spagna. Mentre Irlanda, Portogallo e Grecia hanno già azionato i dispositivi di aiuto internazionale e tecnicamente sospeso la propria sovranità sui conti pubblici.
Quasi in concomitanza con il compleanno, lo scorso 9 dicembre, l’euro ha ricevuto qualche cura, ancora non risolutiva però, con la Germania che ha ottenuto dal resto dell’Unione europea (Eurozona + altri nove Paesi, solo il Regno Unito fuori) l’ok al Fiscal Compact, come l’ha battezzato Mario Draghi – da novembre custode dell’euro come presidente Bce – ovvero un impegno ad applicare le regole del patto di bilancio come se fosse stato modificato il Trattato. Modifiche che non è escluso si possano rivedere più avanti. Il 2012 sarà perciò l’anno cruciale per la sopravvivenza dell’euro a 10 anni dalla sua creazione, mentre non mancano i più pessimisti tra operatori e analisti che parlano di deflagrazione dell’area euro, di doppia velocità tra Paesi forti e deboli e di espulsione dei più indebitati. Colpito dalla sindrome o, meglio, dalla tragedia greca, l’euro aspetta il prossimo vertice europeo convocato per il 30 gennaio per discutere di crescita e lavoro, due piaghe che parlano non solo italiano, ma quasi tutte le lingue dell’Unione. Finora la valuta unica, che sembrava dover superare il dollaro in solidità e invece ha mostrato tutta la sua dipendenza dagli andamenti dell’economia americana, ha superato i deludenti precedenti summit, ma l’incertezza non può durare all’infinito. Così il Wall Street Journal parla apertamente di banche centrali nazionali che si preparerebbero al ritorno delle vecchie valute (indiziato numero uno, per il quotidiano, l’istituto di Dublino) mentre altre indiscrezioni, sempre smentite, parlano di una Germania pronta a far risorgere il sempre amato marco. Tutto questo proprio mentre sta per scoccare l’ora X per le banconote andate in soffitta dieci anni fa.Entro marzo era infatti prevista la data ultima per convertire le lire in euro, ora la manovra l’ha di fatto abolita con la sua entrata in vigore proprio all’antivigilia di Natale, incamerando un piccolo tesoretto di circa un miliardo. Non è molto, ma di questi tempi è comunque utile se inserito nelle misure di riduzione del debito pubblico italiano, la balena bianca contro cui il governo Monti deve lottare per convincere i mercati a mantenere l’Italia nell’euro e non far saltare l’intera unione monetaria. Un compleanno amaro per l’euro, quindi, con tutto il mondo che guarda a quello che succede a Roma per stabilire se l’Italia è davvero ‘too big to fail’ od ormai, con lo spread ancorato sopra 500 punti, ‘to big to save’.