La manifestazione a favore della libertà di stampa, svoltasi a Roma sabato 3 ottobre, ha visto una partecipazione di 300 mila persone, secondo gli organizzatori, e di 60 mila secondo la questura. Al di là delle cifre, alla domanda se esiste o meno libertà di stampa in Italia, non si può rispondere negando che esista, tanto è vero che anche chi, come Roberto Saviano, ha protestato, è stato costretto a fare dei distinguo, scrivendo che la mancanza di libertà di stampa è anche quando non si è messi in condizione di fare serenamente il proprio lavoro. Giusto, ma vale per tutti, non solo per alcuni.
In realtà, in Italia le “anomalie” sono tante, ma ne accenniamo solo tre.
La prima è quella del conflitto d’interesse. Il presidente del Consiglio è proprietario di tre tv e questo, in una democrazia matura, civile, seria, non è ammissibile. La legge sul conflitto d’interesse, però, non è stata fatta dall’opposizione quando era al governo e ne aveva il potere (dal 1996 al 2001 e dal 2006 al 2008), ma dallo stesso governo di centrodestra e poggia sul fatto che a gestire l’azienda del premier sia un’altra persona, una sorta di blind trust blando. La soluzione adottata non è l’optimum, ma un compromesso tra la garanzia formale di una gestione autonoma e la necessità di non mandare all’aria una grande azienda con un blind trust molto più spinto al limite dell’irresponsabilità. La soluzione adottata, comunque, sostanzialmente è valida o meno nella misura in cui il punto di equilibrio, cioè l’effettiva libertà di stampa, è rispettato o meno.
La seconda anomalia è che mentre le trasmissioni a carattere politico sulle televisioni del premier risponde sostanzialmente al criterio della libertà e del pluralismo – c’è un tg 4 schierato di Emilio Fede, ma ci sono trasmissioni politico-satiriche dove il principale bersaglio è Berlusconi stesso – quelle della Rai non rispettano gli stessi criteri. È un fatto che trasmissioni che appartengono al servizio pubblico come AnnoZero (Santoro), Che tempo che fa (Fabio Fazio), Ballarò (Floris), Mezz’ora (Annunziata), Parla con me (Dandini), smaccatamente faziose, occupano tutto l’arco della settimana e in genere in prima serata.
Il conduttore di Porta a Porta, Bruno Vespa, ha simpatie di centrodestra, ma né lo mostra, né agli ospiti toglie la parola, nessuno subisce censure e in genere è collocato in tarda serata, più o meno come Maurizio Costanzo, suo omologo a sinistra su Mediaset.
La terza anomalia è che si scambia la libertà di stampa per libertà d’insulto personale e coloro che insultano sono proprio coloro che, animati dall’odio, demonizzano l’avversario, per cui la tv pubblica è diventata tv militante – in genere di provenienza sessantottina e dintorni – e se qualcuno non gradisce l’insulto (piccolo florilegio: “criminale”, “mafioso”, “porco”, “impotente” e da ultimo, al capo dello Stato, “vile”) passa anche per censore se si appella alla giustizia. Come dire: la tua libertà è quella di tacere e subire perché lo dico io e basta. Non è né bello, né onesto.
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