Si avvicina l’importante impegno politico-istituzionale italiano per il rinnovo dei due rami del Parlamento la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica che si terranno a febbraio prossimo A seguito dello scioglimento anticipato delle Camere avvenuto il 22 dicembre 2012, quattro mesi prima della conclusione naturale della legislatura, si terranno in Italia e nella Circoscrizione estera le elezioni politiche italiane per il rinnovo dei due rami del Parlamento, quello della Camera dei deputati e il Senato della Repubblica fissata per l’Italia il 24 e 25 febbraio.
Per gli elettori residenti all’estero i rispettivi Consolati invieranno entro il 6 febbraio un plico con il certificato elettorale da rispedire allo stesso ufficio consolare entro il 21 febbraio. Questo è quanto apprendiamo sentendo le notizie stampa o seguendo i canali televisivi della “nostra” vicina Italia tra uno spettacolo di fine anno e auspici “beneauguranti” dell’anno nuovo appena iniziato. Saremo coinvolti, nostro malgrado, in quella kermesse politica che ha suscitato e suscita ancora tanti scandali che danno una percezione strana dell’Italia agli occhi e alle orecchie di altri cittadini europei, inclusi gli svizzeri che sono i nostri più stretti vicini poiché operiamo e viviamo in questo Paese. Sentendo però quanti vivono e operano in Italia e che per le ferie natalizie sono venuti alle nostre latitudini, si percepisce fortemente il disagio di chi si sente tradito dai partiti e da chi li rappresenta.
Quando si parla di rischio di alimentare l’antipolitica (o l’anti-casta), non dobbiamo dimenticare l’origine del male. Se pensiamo che agli scandali che hanno coinvolto tutti i gruppi politici (nessuno escluso) si è andato ad aggiungere, in Italia, un crescente distacco dalla base che porta a un declino della partecipazione alle urne degli aventi diritto al voto.
Questo perché anche gli elettori storicamente più convinti, non si riconoscono più in chi li dovrebbe rappresentare o semplicemente stanchi di vedere sempre le stesse facce al potere. Questo fenomeno diffuso è anche riconducibile alla ridotta fiducia dei cittadini verso le forze politiche e persino verso le istituzioni democratiche, vuoi per l’accusa di corruzione generalizzata rivolta a tutta la classe politica, vuoi anche per il forte senso d’impotenza delle forze politiche di fronte al dilagare di un certo modo di operare non rispettoso del bene comune ed incapace di modificare e scardinare l’appartenenza, appunto, ad una sorta di casta dei soliti noti. Iniziamo a sentir parlare di alleanze, di strategie elettorali in Italia e all’estero per battere quella o l’altra coalizione che ha ridotto l’Italia nelle condizioni in cui si trova, si sente parlare di confluire in una “Grosse Koalition” (si prendono a prestito persino termini germanofoni) per rafforzare al centro la stabilità del governo nascente.
Questo, almeno, è quanto si legge. Se così fosse, se tutto fosse già scritto, pensato, con gli “eletti” già autolegittimati e autocandidati resta solo da chiedersi in cosa sia sovrano il popolo se non può neppure scegliere chi candidare. Gli italiani all’estero restano così gli unici a poter scegliere i loro parlamentari direttamente con la preferenza.
Nonostante un quadro generale di populismo e antipolitica visti come i mali della stagione in corso, a elezioni ormai prossime non si può correre il rischio di non esercitare il proprio diritto e dovere di voto che resta lo strumento democratico del cambiamento. Questo soprattutto in un periodo di ritorno di quelli che David Maria Turoldo (religioso e poeta italiano dell’Ordine dei Servi di Maria) chiamava “i giorni del rischio”. Soprattutto quando il rischio assume il volto e i lineamenti di quella maschera emotiva e mediatica di fuga dal voto come elemento di protesta. Invece, il voto, resta ancora la via maestra per la definizione della rappresentanza democratica ed evitare il serio rischio di ritrovarsi coloro che comunque saranno eletti senza la dovuta rappresentanza popolare e incapaci di far fronte alla pesante crisi in cui versa il nostro Paese.
Quindi, oggi, è importante e doveroso attivarsi anche contro il non voto. Dirlo in tempo utile è il primo passo. Farlo sapere, tramite la rete associativa e/o di conoscenti, è il secondo.
Forse alle nostre latitudini, tutto questo è meno sentito – anche se inizieranno i balletti di quanti si sentiranno legittimati a rappresentarci dall’estero – ma più che mai, oggi, è necessario un attivismo che alimenti una catena informativa verso quella generazione distante da questo modo di far politica, ricordando che senza questa partecipazione critica, l’odierna democrazia non riuscirebbe né ad esistere né ad essere cambiata.
Paolo Vendola