La chiacchierata attrice Lindsay Lohan fa il suo esordio come stilista con Ungaro, debuttando sulle passerelle di Parigi con la collezione spring-summer 2010, alla cui realizzazione ha contribuito in quanto consulente artistica del brand, che ha deciso di scommettere su di lei per rendere più cool e svecchiare le collezioni.
Nel mondo della moda, infatti, non basta uno stilista a fare una collezione: oggi per sperare nel successo, un marchio deve anche comprare un “occhio” speciale, preferibilmente celebre, magari anche chiacchierato e soprattutto molto paparazzato.
Così è accaduto che Ungaro abbia scelto l’attrice americana Lindsay Lohan, 23 anni, una gioventù difficile tra eccessi e disintossicazioni, nel ruolo di “artistic adviser”, accanto alla stilista vera e propria, la spagnola Estrella Archs. “Entrambe amiamo la moda, gli aspetti differenti, le generazioni diverse, i diversi stili del mondo, ci piace mescolarli”, ha detto la Lohan ai giornalisti nel backstage, in una intervista insieme alla stilista di Ungaro. Le due giovani sono uscite insieme in passerella, tenendosi per mano. Ma gli applausi per la verità sono stati di circostanza, mentre il pubblico si domandava se per un tale flop fosse davvero necessario assoldare anche la Lohan.
La quale, prima della sfilata, aveva così spiegato il suo ruolo: “Io rappresento l’occhio della cliente, lo stilista non basta più, io sono la moda desiderata dalle giovani donne”. E per sottolineare la sua competenza, aveva anche affermato di aver indossato un abito Ungaro per la prima volta a 13 anni. Ma nessuno le ha creduto.
Alle attrici di Hollywood i grandi sarti hanno sempre insegnato a vestire, con risultati straordinari, basti pensare a Grace Kelly. Ora le nuove divette si sentono subito trendy e creatrici di stile (Lindsay ha anche una sua linea di leggins), e qualcuno glielo fa credere, tanto da pagarle per questo inedito ruolo di “consigliere”.
E neanche a dire che quattro occhi vedono meglio di due: per la blasonata maison fondata dal grande Emanuel e poi passata di mano (anche come proprietà, oggi è controllata dall’americano di origini pakistane Asim Abdullah), la sfilata di oggi non è di quelle che le ridaranno gloria.
Tanto rosa shocking in scena, una tinta della maison se è per questo.
Poi abiti corti e tanto colore, ma poco stile e niente classe. Giacche dalla forma indefinibile, leggings variopinti, minivestiti a monospalla spennellati di colore, tanto lamé e infiniti cuori di paillettes, perfino sui capezzoli, sulla fronte, sulle tasche dei jeans, in mezzo al reggiseno a fascia, sulle giacche luccicanti da sera (che ricordavano, ma obiettivamente molto alla lontana, una vecchia analoga giacca di Emanuel Ungaro) e perfino come revers rossi del tuxedo.
Da salvare un paio di abitini bianchi con un decoro a crescine sulle spalle e qualche vestito nero ben drappeggiato addosso.
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