Gianna Deidda mette in scena il colloquio tra Clara Gallini e un’anziana donna tonarese: uno spettacolo nel segno del rispetto e della misura
Deidda è un’attrice e regista che vive da tempo a Firenze, ma è nata e cresciuta in Sardegna. Con la terra d’origine, come molti emigrati (fino a qualche decennio fa spostarsi da una regione all’altra dell’Italia era come andare a vivere in un paese straniero), ha mantenuto per molti anni un legame forte ma nascosto, che ha trovato infine espressione nei suoi lavori teatrali. Lo spettacolo “Intervista a Maria” nasce dall’incontro con un testo che ha segnato la storia dell’antropologia italiana, il lavoro omonimo di Clara Gallini (pubblicato nel 2003 da Ilisso), che l’artista ha messo in scena alcuni anni fa nell’ambito del Cantiere Teatrale di Montevecchio, un villaggio minerario nella zona centro occidentale della Sardegna dove Progetti Carpe Diem organizza dal 1996 un festival teatrale in residenza.
Deidda entra in scena sulla punta dei piedi scalzi. Allo stesso modo è entrata nel testo di Clara Gallini, quella “Intervista a Maria” che nell’autunno 1979 vide l’antropologa di Cremona dialogare con una settantenne tonarese sulla condizione femminile, gli affetti, i valori e i ritmi della montagna sarda. Ne nacque un testo importante e significativo, un bell’episodio di ricerca qualitativa che da tempo vive di vita propria nelle librerie italiane. Gianna Deidda l’ha trattato con dolcezza al momento di trarne una rappresentazione teatrale, riducendo a 55 minuti di parlato la lunga intervista. Nessun ritocco al lessico, nessuna manipolazione: un lavoro sapiente di forbici e una potentissima interpretazione per dare voce e mimica a Maria, in grande sintonia con Michela Benelli, che veste con rigore il ruolo dell’antropologa.
Uno spettacolo giocato soprattutto sul grande senso della misura delle interpreti, sulla sobrietà del tratto, un’austerità che richiama alla perfezione l’essenzialità della Maria autentica. Quando l’espressività della Deidda prorompe, per esempio nel canto drammatico dell’attittu, tutta quella pacatezza, quella saggezza modesta, quella grazia severa vanno in frantumi e allo spettatore passa un brivido per la schiena. È un dolore al femminile che non chiede conforto, carezze solidali, ma vuole solo venire fuori e mostrarsi al mondo mentre arde.
Difficile rendersi conto che è la stessa Maria che pochi minuti prima, poche pagine prima, raccontava di quando, da bambina, portava agli zii il pane appena fatto. Lo racconta con gli occhi socchiusi, con l’ombra di un sorriso intenerito, la voce cantilenante, conciliante. C’è molto di antico in Maria, che però si confronta senza pregiudizi con il nuovo,con le rivendicazioni delle donne, con i diversi equilibri che si assestano nelle coppie. Lei è sola, non ha mai voluto un marito perché avrebbe accettato accanto a sé solo un Uomo, mentre attorno si è sempre vista solo dei maschi. Meglio una rinuncia consapevole e meditata che un’esistenza sbilenca, una vita matrimoniale nata dalla necessità e dalla pigrizia e non dall’amore. Guai se un’amica le avesse confidato che si voleva sposare per potersi vestire bene, per avere accanto un uomo che le garantisse il cibo: il dito di Deidda si alza ad ammonire, categorico. Saper provvedere a se stessi è un aspetto della grande lezione che Maria, attraverso il libro e attraverso l’interpretazione teatrale, continua a impartire: il rispetto di sé.
Rispetto di sé significa anche andare a protestare a Nuoro, in Prefettura, vincendo la timidezza per dire a sua eccellenza che pure le famiglie di quel rione di montagna hanno diritto all’acqua corrente. Rispetto di sé è piangere i morti amaramente, ma senza dimenticare che la morte fa parte della vita perché siamo parte di un Tutto che abbiamo il dovere di alimentare (e il diritto di cercare anche fuori dalle chiese).
“Intervista a Maria” ha commosso ed emozionato molti spettatori, per più di cinquanta repliche, in Sardegna e in diverse città d’Italia (Firenze, Pisa, Parma, Roma). Ora l’artista vorrebbe portare anche agli italiani dei Circoli Culturali in Svizzera le parole, i pensieri, le emozioni di quell’incontro e restituire loro così quel mondo fatto di concretezza, saggezza e sentimenti da cui essi provengono e al quale in qualche modo appartengono.
I circoli in italiani in Svizzera interessati a promuovere l’allestimento dello spettacolo o a collaborare all’organizzazione dell’evento, possono inviare la loro proposta a Gaetano Scopelliti: [email protected].
Celestino Tabasso
L’UNIONE SARDA, 10 dicembre 2008