Sono 8 milioni gli italiani che rifiutano di avere rapporti con persone di un’altra età. E i giovani sono i più chiusi: ridotti a minoranza sociale (2,3 milioni in meno negli ultimi 15 anni) di fronte alla carica dei bisnonni (1,5 milioni di grandi vecchi con oltre 80 anni in più dal 2001) preferiscono avere contatti solo con i coetanei. Nell’Italia del miracolo economico il 57% della popolazione era composto da giovani con meno di 35 anni, nell’Italia del letargo si sono ridotti al 35%
Solo con quelli della mia età. Mentre sono allo studio ipotesi di flessibilità in uscita e «staffetta generazionale» per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, resta alta l’incomunicabilità tra le generazioni. Sono 8 milioni gli italiani che non vogliono avere rapporti con persone di altre generazioni, ad esempio quando si tratta di sottoporsi a una visita medica, fare acquisti in un negozio, seguire corsi di formazione, farsi consigliare su questioni personali, fare le vacanze o impegnarsi sul luogo di lavoro.
Sono questi i primi risultati della ricerca «L’Italia delle generazioni» realizzata da Censis e Fondazione Hpnr (Human Potential Network Research) in collaborazione con la Fondazione Oic (Opera Immacolata Concezione). Sono 2,3 milioni gli italiani che, se non trovano un medico della propria età, vanno in un altro studio o rinunciano alla visita.
Sono 3,8 milioni quelli che, quando devono comprare un capo di abbigliamento, se non c’è il commesso della propria età cambiano negozio o rinviano l’acquisto. Quando devono frequentare corsi di formazione, 4,6 milioni di italiani vogliono solo coetanei. Sono 5,2 milioni quelli che non accetterebbero mai un consiglio personale da una persona di una età diversa dalla propria.
In 7,4 milioni, piuttosto che partire per le vacanze con persone di altre generazioni, preferiscono restare a casa. E in azienda sono 7,5 milioni gli occupati che preferiscono comunque avere rapporti con lavoratori della propria età. Mentre ci si concentra sulle difficoltà di integrazione delle nuove culture e confessioni religiose, i dati segnalano una sorprendente scissione nel cuore della società italiana: un Paese fatto di tribù generazionali in buona parte non comunicanti.
I giovani nella trincea generazionale
Gli «isolazionisti» sono più diffusi tra i giovani. Il 10% dei millennials di 18-34 anni (1,1 milioni) non vuole avere rapporti con persone di altre età. Il 5,6% si fa visitare solo da un medico giovane, il 9,4% fa corsi di formazione solo con altre persone della stessa età, il 10,8% acquista solo in presenza di un commesso coetaneo, il 12% accetta consigli solo da altri giovani, il 22,2% fa viaggi solo con i coetanei.
Più aperti all’intergenerazionalità sono gli anziani: 9 su 10, dalla sanità alle vacanze, non sono preoccupati dalle differenze di età oppure vi si adattano. Ma perché così tanti giovani sono sulla trincea generazionale? Perché sono pochi e sono sempre meno. E dopo anni di precarietà lavorativa e marginalità sociale reagiscono legittimandosi reciprocamente.
L’eclissi dei giovani
Oggi i millennials (18-34 anni) sono 11,1 milioni e negli ultimi quindici anni sono diminuiti del 17,3% (2,3 milioni di persone in meno). Mentre aumentano vertiginosamente gli aged (65 anni e oltre): oggi sono 13,2 milioni e rispetto al 2001 sono aumentati del 24,2% (2,6 milioni in più).
Aumentano anche i baby boomers (35-64 anni), che oggi sono 26,4 milioni, cioè il 14,2% in più nel periodo (3,3 milioni in più). Il confronto con l’anno 1951, quando l’Italia preparava il miracolo economico, è impietoso. Allora gli italiani erano 47,5 milioni: oltre 14 milioni avevano meno di 18 anni (erano il 29,6% della popolazione totale) e quasi 13 milioni avevano tra 18 e 34 anni (erano il 27,2% del totale).
Oggi, invece, su 60,8 milioni di abitanti gli under 18 sono poco più di 10 milioni (il 16,6% del totale) e i giovani di 18-34 anni sono poco più di 11 milioni (il 18,3% del totale). In sessantacinque anni l’Italia, con la popolazione aumentata di oltre 13 milioni di unità, ha perso complessivamente 5,7 milioni di giovani.
E la carica dei bisnonni
Rispetto all’Italia degli anni ’50 il boom degli ultrasessantacinquenni è impressivo: 9 milioni in più. Nel 1951 i grandi vecchi con 80 anni e oltre erano solo 622’000, mentre oggi sono poco meno di 4 milioni.
Le persone di 90 anni e oltre erano appena 28’000, mentre oggi hanno superato le 666’000 unità. E i centenari, che allora erano uno sparuto gruppo di 165 persone, sono diventati oggi quasi 20’000. In sintesi, nell’Italia del miracolo economico il 57% delle persone erano giovani con meno di 35 anni, nell’Italia del letargo si sono ridotti al 35% della popolazione.
Le buone prassi per evitare il rischio di fratture generazionali
La competizione su lavoro e sulle risorse scarse del welfare, in particolare sulle pensioni, oggi ha generato una scissione generazionale. Ma è indispensabile ricucire i rapporti e moltiplicare le relazioni nella vita quotidiana.
Una esperienza pilota di eccellenza che va in questa direzione è il Civitas vitae di Padova, la prima infrastruttura di coesione sociale italiana, una vera e propria «casa dell’intergenerazionalità», dove la voglia di relazioni dei longevi è il perno di tante attività e progetti, tra i quali l’esperienza dei «Nonni del cuore» che, adeguatamente formati, accompagnano i bambini in visite guidate al Museo Veneto del Giocattolo facendo conoscere la storia attraverso il gioco, li coinvolgono in laboratori didattici e creativi per apprendere le tecniche dell’arte del riuso e del riciclo degli oggetti, li inseriscono in un percorso di educazione stradale, li affiancano nello svolgimento dei compiti a casa per migliorare le capacità di apprendimento.
Fonte dati: Censis