I parlamentari rivendicano le prerogative del Parlamento riguardo ai tagli dei loro stipendi, ma sono in tanti e di tutti i partiti quelli che non sono d’accordo a dare l’esempio
Con il passare dei giorni, e soprattutto con i dettagli più precisi venuti fuori da una miriade di norme, la manovra di 34 miliardi varata dal governo Monti rivela luci ma anche ombre e qualche dubbio. Veniamo alle luci, rappresentate da una rinnovata lotta agli evasori e dalla riforma delle pensioni. L’abbassamento del limite di tracciabilità dei pagamenti a mille euro – ammesso che questa soglia sia mantenuta dal Parlamento – sommata all’apertura operata in luglio da Giulio Tremonti a proposito dell’accesso alle informazioni bancarie e confermata da Monti (citata dal direttore dell’Agenzia delle Entrate), dovrebbe portare ad inasprire la lotta all’evasione fiscale e soprattutto a offrire maggiori possibilità di successo nel recupero (quantomeno in parte) di una grande massa finanziaria sottratta al fisco (circa 120 miliardi di euro all’anno). Certo, come hanno detto vari esperti del settore, ci si sarebbe aspettato che al cittadino che paga l’idraulico venisse rimborsata l’Iva per spingerlo a richiedere la fattura, ma così non è stato. Secondo l’Istat – ma non c’era bisogno di un’indagine per arrivare a capirlo – ad evadere sono i lavoratori autonomi e gli imprenditori, i professionisti e i commercianti, tutta gente che può giocare con il contante anche sotto il limite dei mille euro tracciabili. Se così fosse, resterebbe in piedi uno Stato di polizia che andrebbe a sindacare il cittadino anche nei suoi diritti (privacy) più leciti. Resta il fatto che l’abbassamento della soglia di tracciabilità può rivelarsi uno strumento efficace di lotta all’evasione. Sulla riforma delle pensioni Monti segna un punto a suo favore, anche perché mette ordine nella materia. Nel 2018 tutti, uomini e donne, andranno in pensione a 66 anni (per le donne incentivi se si resta oltre i 66 anni e disincentivi se si esce prima, tra i 63 e i 65). Quanto a quelle di anzianità, ancora temporaneamente in vigore, il limite di 42 anni per gli uomini e di 41 per le donne, restringe le uscite prima dei 66 anni. L’importante è che ci sia stata una riforma e che questa sia certa e definitiva.
Il punto è che la manovra, come hanno scritto a decreto governativo pubblicato gli economisti Fassina e Giavazzi sul Corriere della Sera di domenica, è composta da “quasi solo tasse” e pochi tagli, per cui contiene effetti recessivi, tra l’altro quantificati in una perdita dello 0,5% del Pil per il 2012. Il che significa che gli effetti della manovra stessa potrebbero essere vanificati, anche perché il rientro del debito concordato con l’Europa potrebbe moltiplicare le manovre severe per alcuni anni, con effetti devastanti sui cittadini con reddito medio e anche basso. Bene, dunque, il probabile reintegro dei rincari sulle pensioni fino a 1.400 euro invece che solo fino a 936 euro, ma – e questa è una delle ombre – gli stipendi oltre una certa soglia, 55.000 o 75.000 e oltre, sono stati salvati dal maggior carico Irpef. Perché diciamo “salvati”? Perché i tagli che si sarebbero dovuti fare e che non sono stati fatti riguardano proprio gli stipendi dei funzionari, capi settori, capi divisione e dirigenti della pubblica amministrazione e affini, quantificabili da centomila euro in su all’anno, tanto più odiosi in quanto questa categoria è fonte di inefficienza nei servizi dove opera. Altra ombra che aumenteranno le addizionali Irpef regionali tra 0,83 e 1,29. Ora, una cosa è prendere 50 euro al mese a chi guadagna mille euro e un’altra è prenderne 400-500 a chi guadagna 6.000-7.000 euro netti al mese. Quanto all’aumento da subito di 8 cts a litro sulla super e di 11 sul diesel spalma, è vero, l’aumento su chi usa la macchina, ma si dimentica che molti la usano per lavoro e dunque che tutti questi aumenti influiranno sui consumi e creeranno recessione. Insomma, non sarebbe stato meglio triplicare le multe ai milioni di automobilisti indisciplinati e assumere agenti per farlo? Si sarebbero ottenuti tre grossi vantaggi: entrate per milioni e milioni di euro, equità, cioè tasse non a tutti ma solo agli indisciplinati, ed educazione, in questo modo sicuramente i morti e i feriti sulle strade sarebbero diminuiti. Il dubbio, che serpeggerà per almeno una ventina di giorni, fino a quando, cioè, si teme che vengano esercitati e rinvigoriti gli attacchi della speculazione internazionale sull’euro, è che tanti sacrifici possano vanificarsi, e anche che le riforme in due o tre tempi, come ha detto Angelo Panebianco, possano essere rinviate o sminuzzate dai partiti e dai parlamentari, come sembra essere il destino degli stipendi di questi ultimi e affini. I parlamentari negano al governo di poter decretare in materia – e magari hanno ragione – ma quello secondo cui è solo il Parlamento a poterlo fare ha l’aria di un pretesto, da parte di parlamentari di tutti i partiti, per fare tagli – se li si fa – più che altro simbolici.
Ma bisogna essere fiduciosi. Le misure, per quanto criticabili, erano necessarie e lo saranno ancora di più se interverranno a cambiare comportamenti e abitudini “allegre” nella gestione delle risorse pubbliche. Vedremo come si comporteranno i partiti e i parlamentari. L’ex premier Berlusconi ed il segretario del Pdl Alfano hanno invitato Monti a porre la fiducia, la stessa cosa ha fatto l’Udc di Casini e sicuramente sarà questo l’orientamento anche del Pd. Contrari saranno certamente la Lega di Bossi e l’Idv di Di Pietro, interessati più a guadagnare elettoralmente dalla contrarietà a misure impopolari che a rafforzare lo spirito di unità nazionale per fronteggiare una crisi che non è italiana e che è destinata a durare ancora per vari anni. [email protected]