Calderoli afferma che l’appoggio del Pdl a Monti significa che l’alleanza con la Lega è ”sepolta” ma Berlusconi ribadisce il sostegno a Monti fino alla fine della legislatura per fare le riforme che lui non era riuscito a fare
Comincia il conto alla rovescia per la riforma del lavoro. In questa settimana sono riprese le trattative tra Confindustria e sindacati, ma sull’abolizione o anche sulla modifica dell’articolo 18 c’è il no della Cgil e adesso anche quello del Pd. Bersani ha detto che il problema non è l’articolo 18, i ”problemi sono altri”. Chiusura netta, dunque, che non prefigura una riforma davvero condivisa perché prima il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, poi lo stesso presidente del Consiglio, Mario Monti, hanno detto che la riforma si farà anche senza un accordo tra le parti sociali. Nel dibattito sulla modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori si è inserito l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, il quale ha rilanciato la proposta non dell’abolizione, ma della modifica del citato articolo. L’ex ministro dice: ”Il cuore del problema sono i licenziamenti disciplinari. Oggi il datore di lavoro sa che dovrà rinunciare a licenziare i dipendenti infedeli o incapaci perché consapevole che il giudice reintegrerebbe il lavoratore, magari con 7-8 anni di ritardo, e dovendo pagare tutti gli arretrati. Credo che non sia interesse di nessuno che questo sistema vada avanti, nemmeno dei sindacati che devono difendere la grande maggioranza dei lavoratori che fanno il loro dovere e i giovani che aspirano a lavorare rispetto alle minoranze di assenteisti o disonesti che la norma e la giurisprudenza rendono intoccabili”. Anche l’ex premier Silvio Berlusconi, in un’intervista rilasciata all’Efe, l‘Agenzia di stampa spagnola, afferma: ”La produttività, la crescita e l’occupazione, così come la fiducia dei mercati e degli investitori dipendono in gran parte dalla riforma del nostro sistema di relazioni lavorative. L’art. 18 non può essere un tabù. Noi proponemmo di cambiarlo (nel 2002, ndr) almeno per i nuovi assunti, ma la reazione dei sindacati fu furibonda”.
Sull’art. 18 si preannuncia battaglia, è per questo che l’argomento è stato messo all’ordine del giorno solo alla fine della trattativa tra le parti che prevede una serie di punti, tra cui la continuazione della cassa integrazione, rigida e costosa per lo Stato, o l’introduzione del sussidio di disoccupazione, come avviene negli altri Paesi europei. Intanto, a livello politico, le acque si agitano, sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Nel centrodestra si registra la dichiarazione di Roberto Calderoli che ha detto che siccome il Pdl continua a sostenere ”lealmente” Monti, l’alleanza Lega-Pdl è definitivamente ”sepolta”. Lo stesso malumore si registra nel centrosinistra con l’Idv di Di Pietro e il Sel di Nichi Vendola che accusano il Pd di Bersani di sostenere un governo in continuità con quello del centrodestra e di volere una riforma elettorale che di fatto li mette in una condizione di subalternità rispetto al Pd stesso. Nel dibattito politico s’inserisce anche l’Udc di Casini che prima dichiara che dopo la fine della legislatura Monti potrà continuare a guidare il governo, poi, per non suscitare polemiche, corregge la sua dichiarazione, ma afferma che dopo Monti per i partiti ”nulla sarà come prima”. Contemporaneamente annuncia una nuova formazione politica che raggruppi i moderati. Angelino Alfano, da parte sua, a nome del Pdl giudica questa dichiarazione di Casini interessante ma non la vede come un tentativo di sottrarre voti al Pdl ma come idea vincente per il centrodestra, sulla scia di quanto da lui e dall’ex premier finora sostenuto. E‘ cominciata la lotta per la leadership del centrodestra. Sempre nell’intervista all’Efe, Berlusconi dichiara che lui si candiderà a deputato ma non più a premier, dicendo che le persone della sua generazione devono fare largo ai giovani. L’intervista di Berlusconi all’Agenzia di stampa spagnola è importante perché riaffermando la volontà sua e del Pdl di sostenere Monti fino alla fine della legislatura allarga il fossato tra la Lega e il Pdl. Nello stesso tempo, però, rivela che a suggerire a Napolitano il nome di Monti in previsione delle sue dimissioni da premier nel mese di novembre scorso fu proprio lui, per la stima che ha sempre riposto nell’attuale premier sia quando lo nominò commissario europeo, sia quando lo confermò in quell’incarico, sia, appunto, quando Monti poteva essere l’uomo che avrebbe potuto fare quelle riforme che ”il mio Esecutivo non è riuscito a portare a termine, anche per la riluttanza dei partner della nostra coalizione”. Ultima annotazione riguardo all‘idea di Monti sulla monotonia del posto fisso. L’ex premier dice: ”Monti voleva dire che nel mondo di oggi l’obiettivo non può essere il posto fisso, ma il lavoro in sé. Monti non voleva certo elogiare il precariato”.