In prossimità delle celebrazioni del 25 aprile si intensificano gli eventi che ruotano attorno alla giornata dedicata alla “Liberazione” e al suo significato più profondo di liberazione da una condizione precisa e contro la mancanza di ogni forma di libertà.
Parlando di libertà, la libertà di informazione e di espressione hanno un posto d’onore e sono tra quelle più intaccate. L’ultimo evento che ha decretato un nuovo caso in Italia è quello che riguarda lo scrittore Antonio Scurati, l’autore del noto “M. il figlio del secolo”, romanzo storico su Benito Mussolini, tradotto in 40 Paesi e oggetto di una serie televisiva.
Invitato dalla Rai per pronunciare un monologo scritto in occasione del 25 aprile, improvvisamente lo scrittore si vede cancellato l’intervento. Il caso viene fuori perché la giornalista e conduttrice della trasmissione di Rai3 “Chesarà”, Serena Bortone, decide di leggere il monologo di Scurati andando contro le decisioni dei vertici Rai e contro un atto di censura a cui sceglie di non sottostare.
A questo punto interviene direttamente la Premier Giorgia Meloni che dedica un post all’accaduto per dimostrare che la censura non arriva da lei, ma invece è causata dalla richiesta troppo onerosa dello scrittore per un intervento di un minuto circa. Poi pubblica il discorso di Scurati “per due ragioni: 1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini. 2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto”. Ovvero, perché gli elettori della Premier – e anche i cittadini che pagano il canone – possano a loro volta interessarsi al caso…
Lo scrittore certamente non ha perso l’occasione di rispondere alla Premier che si è presa la briga di interessarsi del caso, nonostante “in un’Italia piena di problemi” (cit. post della Premier) si presupponga che abbia altro a cui pensare.
Da questo momento in poi il testo di Scurati è rimbalzato senza freni (e senza compensi all’autore) da tutte le parti, diverse reti televisive, sui social, nelle radio, è un “effetto boomerang” pazzesco, anzi un nuovo fenomeno che si potrebbe chiamare “scurantismo”: quando provi goffamente ad oscurare qualcosa ma hai l’effetto contrario e non ti riesce nemmeno di accattivarti i cittadini!
Quello che ne è trapelato è l’eccessivo controllo del governo sulla televisione di Stato, non a caso, ne è seguito perfino un comunicato sindacale dell’Usigrai (organizzazione sindacale giornalisti Rai) che non lascia dubbi. “Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal Governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete, Rai3, ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile per i telespettatori” e concludono rivolgendosi direttamente ai “gentili telespettatori” specificando che “noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale”.
Allora la domanda che ne segue è: la televisione di Stato fa servizio pubblico o servizio di Governo, se non addirittura di partito?
Premesso che la libertà di informazione – che sia però corretta, verificabile e non basata su teorie astruse – non appartiene solo ai giornalisti o chi si fa portatore di informazione, ma appartiene a tutti i cittadini e proprio dalla libertà di informazione si conforma la democrazia di un Paese, possiamo definire ancora l’Italia un paese democratico?
È ovvio che il fascismo come lo conosciamo è un fenomeno che non potrà più ripetersi per tantissime ragioni, ma quando Scurati parla di “spettro del fascismo” che “continuerà a infestare la casa della democrazia italiana” è proprio a tutti questi eventi a cui si riferisce, primo fra tutti quando si cerca di oscurare la libertà di informazione.
Redazione La Pagina
I vari comunicati e discorsi a cui si fa riferimento nel Pezzo
Monologo censurato di Scurati
«Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato.
Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana».
Post Meloni sul caso Scurati
In un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso. Stavolta è per una presunta censura a un monologo di Scurati per celebrare il 25 Aprile.
La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo.
Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare) per due ragioni:
1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini.
2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto.
Buona lettura.
Risposta di Scurati al post di Meloni
Gentile Presidente,
leggo sue affermazioni che mi riguardano. Lei stessa riconosce di non sapere “quale sia la verità” sulla cancellazione del mio intervento in Rai. Ebbene, la informo che quanto lei incautamente afferma, pur ignorando per sua stessa ammissione la verità, è falso sia per ciò che concerne il compenso sia per quel che riguarda l’entità dell’impegno.
Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria. Io non ho polemizzato con nessuno, né prima né dopo. Sono stato trascinato per i capelli in questa vicenda. Io ho solo accolto l’invito di un programma della televisione pubblica a scrivere un monologo a un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda dall’agenzia che mi rappresenta e perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi hanno preceduto. La decisione di cancellare il mio intervento è evidentemente dovuta a “motivazioni editoriali”, come dichiarato esplicitamente in un documento aziendale ora pubblico. Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti, doveva essere silenziato. Continua a esserlo ora che si sposta il discorso sulla questione evidentemente pretestuosa del compenso. Pur di riuscire a confondere le acque, e a nascondere la vera questione sollevata dal mio testo, un capo di Governo, usando tutto il suo straripante potere, non esita ad attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo.
Questa, gentile Presidente, è una violenza. Non fisica, certo, ma pur sempre una violenza. È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?
Comunicato Usigrai
Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal Governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete, Rai3, ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile per i telespettatori.
La stessa azienda che ha speso 6 milioni di euro per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere economico per l’esclusione di Scurati. Motivazioni già smentite dai fatti.
Siamo di fronte ad un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico.
L’assemblea dei Comitati di redazione della Rai mercoledì ha proclamato lo stato di agitazione e approvato 5 giorni di sciopero.
Gentili telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale.
La replica aziendale al comunicato sindacale dell’Usigrai
Nessun controllo sull’informazione e nessuna censura sono state operate dall’azienda nei confronti di programmi e conduttori. La Rai è patrimonio di tutti gli italiani ed esprime oggi più che mai i valori del pluralismo e della libertà di espressione.
Sforzo dell’azienda è quello di aggiungere, innovare, sperimentare nuovi contenuti e nuove narrazioni. Aggiungere opinioni, idee e punti di vista vuol dire essere ancora più pluralisti di come la Rai è stata in passato. Nessuno ha mai messo in discussione la possibilità di partecipazione dello scrittore Antonio Scurati alla trasmissione “Che sarà” condotta da Serena Bortone, la cui presenza era stata ampiamente annunciata.
Il tentativo di strumentalizzare con polemiche sterili un caso montato sul nulla, rischia di vanificare il grande impegno che in questi mesi l’azienda ha profuso per migliorare il proprio assetto industriale ed economico e tutelare e valorizzare la grande tradizione del Servizio Pubblico.