Ricostruire in tutti i particolari che cosa accadde alle persone ed alle cose la tragica notte del 6 aprile 2009 è un puzzle complicatissimo, a cui tutti gli aquilani partecipano, ciascuno a proprio modo, con racconti orali e scritti, che contribuiscono alla conoscenza di quell’evento saliente nella storia della città. Apprendiamo in questi giorni dai giornali che c’era anche chi rideva per quel fatto, un bel sisma grosso come quello non accade tutti i giorni! Quella notte qualcuno rideva di gioia vedendo nell’immediato futuro lauti e rapidi guadagni. Il fatto è sconcertante, figlio di brutti tempi in cui esiste e trionfa solo ed esclusivamente il valore dell’arricchimento rapido, vistoso e spregiudicato, non importa se figlio di tagli di spesa, licenziamenti ed evasione fiscale, oppure di succose commesse pubbliche per la ricostruzione di una città che c’era e non c’è più. La protesta della città è esplosa in manifestazioni partecipate da qualche centinaio di cittadini con tanto di cartelli, foto di mucchi di macerie e manifesti. “Io quella notte non ridevo”, è lo slogan più ripetuto, accompagnato da feroci parole di biasimo per i due luridi individui che hanno gioito alla notizia dell’enorme disgrazia. La protesta di piazza degli aquilani che si sentono offesi ed umiliati dalla qualifica di poveracci, è radicale e profonda, coinvolge in un’unica critica distruttiva tutto e tutti.
Leggo in un manifestino distribuito dall’Associazione Cittadini per i Cittadini parole di esplicita condanna per tutti quelli che hanno operato finora a livello locale, condanna che va dagli uomini della Protezione Civile, definiti corvi neri su corpi sanguinanti, alla classe politica locale, vile, fino alla chiesa locale, cieca, tutte e due prostrate ai salvatori per un pugno di C.A.S.E.
È stato criticato in particolare il giornalista Giustino Parisse, accusato di non essersi reso conto (ma davvero?) che i ricostruttori del villaggio di Onna sono la Regione Trentino Alto Adige, La Croce Rossa Italiana e la Germania.
La critica dell’associazione termina con un appello all’Europa, al mondo ed alle grandi organizzazioni di tutela dei diritti umani perché intervengano in nostro soccorso. Ma che significa tutto questo? Ma davvero si può pensare che qualcuno possa intervenire, a fare chissà che, dall’alto, scavalcando tutte le istituzioni locali? Veramente vogliamo pensare che a livello locale non ci sia più un santo, laico o di chiesa, a cui votarsi, insomma vogliamo veramente credere che da soli, con le nostre forze non si possa fare più nulla? Le risate dei due luridi individui sono proprio brutte, come brutto e spregevole è il loro mondo che le ha prodotte, ma anche lo sdegno degli aquilani contro tutto e contro tutti, senza alcuna fiducia nelle istituzioni locali, suscita oscure preoccupazioni, ricordi di storie che sembravano passate per sempre.
Mi appare evidente, forse per cultura ed età non più verde, che lo sdegno contro tutto e contro tutti, scollegato dalle istituzioni pubbliche locali e statali, non vada molto lontano. C’è da augurarsi che questi giovani cittadini aquilani, certamente innamorati della loro città e desiderosi di una giusta rinascita, trovino una via istituzionale in cui incanalare i loro sentimenti di protesta, e possano viverli in maniera positiva e veramente utile alla comunità, senza lasciarsi trascinare in un vuoto pericoloso dalle corruttele e dagli scandali di cui sono piene la pagine dei giornali e gli schermi delle televisioni.
La speranza di ricostruire non può vivere fuori dei canali istituzionali previsti dalla costituzione, che finora hanno funzionato, bene o male. I tempi sono duri, ma l’impegno per la costruzione della città deve andare insieme a quello della costruzione di una democrazia sempre più diffusa e più bella. Crederci è duro, ma non crederci è pericoloso.
Emanuela Medoro