Fervono i preparativi nella città del cinema ticinese: Locarno, per i professionisti della settima arte.
L’impegno con cui il personale tecnico sta montando le impalcature per le proiezioni ricorda che, almeno in apparenza, le incertezze della pandemia sono definitivamente consegnate al passato.
Tuttavia ai media che iniziano ad arrivare in città ora spetta anche di elaborare una complicata sintesi fra necessità, ambizioni e prospettive con le innovazioni necessarie alla ripresa di un settore cinematografico votato alla ricerca di indispensabili modalità organizzative, che restano condizione necessaria ma non sufficiente ai riconoscimenti artistici, a garantire una visibilità commerciale ed a mantenere le priorità acquisite nei confronti della concorrenza di settore.
Questa una, ma non la sola, delle possibili tracce interpretative del recente prologo al Locarno Film Festival edizione 2023-LFF, ovvero l’annuncio della nuova presidenza.
A dirigere il Cda del LFF è stata chiamata, alla unanimità, Maya Hoffman, erede della omonima dinastia farmaceutica Svizzera, operatrice culturale globale in una epoca ormai avviata alla decentralizzazione di sensibilità artistiche e filiere commerciali.
In tal modo il nuovo festival locarnese si ripropone come antenna culturale svizzero-italofona pronta al dialogo con l’odierno ecosistema artistico universale, anche se sarebbe meglio chiamarlo digitalizzato ed evoluto in forma artificiale, dove l’individuo perde la sudditanza dalle informazioni verticali, per diventare simultaneamente utilizzatore, creatore e dunque protagonista di progetti condivisi.
Lo avrete notato: malgrado la inusuale combinazione di termini, anche stavolta ritroviamo concetti che già si stanno facendo strada in altri ambiti, come condivisione circolare di competenze, obiettivi e prospettive, favorite da una orizzontalità del dialogo informatizzato, che permette a chiunque di contribuire comunque ed ovunque allo sviluppo della società inclusiva cui lentamente ci sorprendiamo già di appartenere.
Dopo queste osservazioni di merito cerchiamo di comprendere la imminente evoluzione cui è destinata la rassegna cinematografica locarnese.
Maya Hoffman, operatrice universale della attuale cultura globale senza frontiere, si appresta ad innovare i canoni manageriali del festival, pronto ad archiviare la tradizionale direzione residente per invece proporre un dialogo continuo là dove ed altrove si fa cultura cinematografica, e non solo.
Maya Hoffmann già ora assume dunque la carica di presidentessa designata e membro di un consiglio di amministrazione che ne formalizzerà gli incarichi solo il prossimo 20 settembre.
La decentralizzazione del nuovo festival coinvolge anche il resto dei vertici direttivi. Nella riunione settembrina rimetteranno i loro attuali incarichi alle nuove competenze che verranno assegnate ai riconfermati, il cui numero è destinato a ridursi dagli attuali 27 a soli 7 membri, assistiti da una coppia di advisory board: il primo con orientamento politico, l’altro ad indirizzo artistico, entrambi con l’obiettivo di confermare la riconosciuta indipendenza che sinora ha contraddistinto le passate edizioni del LFF.
Questo il nuovo ecosistema di relazioni cui la nuova direzione, scelta tra le migliori candidature disponibili e possibili in questo particolare ambito culturale, sta per avviare la rassegna locarnese, per misurarsi con l’attuale stato di crisi in cui si trova il cinema dopo la pandemia, oltre che per affrontare la concorrenza delle nuove tecnologie, leggasi digitalizzazione e produzione artificiale dei contenuti artistici.
di Andreas Grandi