Andrea Bocelli si esibirà il 7 giugno in un suggestivo concerto a Piazza Grande di Locarno in un pettacolo unico!
Il tuo ultimo lavoro, Love in Portofino, l’album contiene senza dubbio un’accurata selezione di classici italiani ed internazionali, come è avvenuta la scelta dei brani da inserire e c’è stato qualcuno che avresti voluto cantare ma, per qualche motivo, hai dovuto rinunciare?
Premetto che la sequenza proposta a Portofino è il frutto esatto delle mie predilezioni: ho voluto inanellare una serie di capolavori senza tempo, che in molti casi hanno accompagnato la mia giovinezza. Musica che ha infiammato e commosso più generazioni, pagine da sempre “complici”, poiché tante coppie si sono formate e continueranno a formarsi, sul filo della suggestione scaturita da queste grandi, seducenti melodie d’amore. Non sono poche, però, le canzoni che avrei desiderato inserire ma che, semplicemente, non hanno potuto trovare spazio all’interno di questo progetto. Quando, insieme all’amico e collega David Foster, abbiamo iniziato a concepire le scalette di “Passione” e di “Love in Portofino”, al momento dei provini i brani che abbiamo preso in considerazione erano più di ottanta!
L’album si impreziosisce di collaborazioni importanti, nella tua carriera, però, hai avuto modo di duettare con numerosi artisti. C’è stato un artista con cui non ha mai realizzato una collaborazione che ti piacerebbe fare? Oppure c’è stata una qualche collaborazione che ti piacerebbe ripetere e magari approfondire?
Sono tanti i colleghi con i quali desidero collaborare, e non solo grandi personaggi che ammiro da molti anni, ma anche nuovi talenti emergenti, che talvolta scovo in giro per il mondo… Troppi, i nomi che dovrei menzionare, col rischio di dimenticarne qualcuno. Dopo vent’anni di carriera, la curiosità musicale non è venuta meno, anzi, è più viva che mai, ancor più in relazione a quell’esperienza potenzialmente molto gratificante che è il duetto. Collaborazioni con artisti quali Céline Dion, Jennifer Lopez, Nelly Furtado, Barbra Streisand (giusto per citarne alcuni) mi auguro possano essere presto ripetute. In ambito operistico, di recente ho avuto la gioia di tornare a lavorare con Placido Domingo (per l’incisione di Manon Lescaut) e tra poche settimane sarò nuovamente in sala d’incisione sotto la bacchetta di un artista che amo particolarmente, il M° Zubin Mehta, per registrare Turandot.
Di recente hai pubblicato il tuo libro-intervista dedicato a Pavarotti, di cui rappresenti il degno erede. Cosa ti ha lasciato il Maestro?
Non credo di meritare l’appellativo di suo “erede”: la statura artistica di Pavarotti non ammette raffronti. È stato un grandissimo artista, un grande amico, un uomo dalla vitalità straordinaria, un brillante conversatore, un maestro ma anche un compagno di palcoscenico capace di dare coraggio e buonumore. Mi è stato chiesto, lo scorso anno, di fissare in un piccolo volume i miei ricordi legati a Pavarotti e sono stato felice di aver potuto in tal modo omaggiarne la memoria. Ho frequentato il Maestro con una certa regolarità, soprattutto negli ultimi anni. Ogni incontro si è tramutato in un’occasione preziosa per imparare… Il più grande insegnamento che ho tratto dai suoi consigli riguarda proprio la tecnica: mi ha istruito su come perseguire l’obiettivo di cantare senza sforzo, in modo da poter utilizzare la voce come uno strumento in grado di dare il meglio di sé, senza incontrare asperità.
“La forza del sorriso” è l’inno ufficiale di Expo 2015. È un brano carico di speranza e che lancia un messaggio positivo. Vuoi parlarci di come nasce questo brano e cosa rappresenta per te?
Potrei definirlo un “appello in musica” per un’ecologia del cuore: stimolato da una melodia molto bella, ispirata e non convenzionale, firmata da Andrea Morricone, ho voluto scrivere dei versi che invitassero la gente a sorridere… Il gesto del sorriso porta con sé una forza micidiale, è contagioso e spinge all’ottimismo. Sono stato piacevolmente colpito dal fatto che, casualmente, proprio nei giorni in cui stavo elaborando i versi della canzone, Papa Francesco abbia tenuto un’omelia, ribadendo la potenza di tale espressione esteriore d’una gioia interiore. In un certo senso si tratta di una canzone d’amore, inteso quale sentimento universale, paterno, filiale o d’amante, amore che s’incarna appunto nella forza di un sorriso.
Per un’artista come te le emozioni sono tante e sempre diverse, ma vuoi dirci qual è stata la tua emozione più grande?
Difficile dirlo: quando canto, sono sempre emozionato. Ci sono, senz’altro, momenti della mia carriera che porto maggiormente nel cuore, dal debutto sul palcoscenico lirico, nel 1994 (nel Macbeth di Verdi), perché in quell’occasione realizzavo il mio più grande sogno, ad una Tosca interpretata a Torre del Lago, patria di Puccini, in cui in scena avevo, accanto a me, nei panni dei chierichetti, i miei due figli Amos e Matteo. Ricordo anche un Requiem di Verdi interpretato all’Arena di Verona, sotto la direzione di Lorin Maazel: cantavo di fronte a diciassettemila persone, a pochi mesi dalla morte di mio padre, in uno stato d’animo difficile da raccontare. Anche negli Stati Uniti ho avuto tanti momenti professionalmente e umanamente intensi, dal debutto al Metropolitan di New York al grande concerto che ho tenuto nel 2011 sul Great Lawn di Central Park…
Oltre ai vari riconoscimenti, sei tra i pochi artisti italiani ad aver guadagnato una stella nella famosa Walk of Fame: cosa significa per un artista essere rappresentante mondiale della musica e cultura italiana?
Sono fiero che il mio sia il paese dove è nata l’opera lirica, oltre quattrocento anni fa, e dove la musica ha sempre avuto uno spazio importante nella quotidianità di ciascuno. Essendo un patriota, la mia più grande gioia sta proprio nel poter portare nel mondo la musica e la cultura della mia terra… Quanto alla stella sulla “Walk of fame”, solo il pensare in mezzo a quale olimpo esclusivo di artisti mi son trovato immeritoriamente ad essere, mi dà le vertigini! Comunque, ricevere onorificenze è sempre motivo di soddisfazione e parimenti d’imbarazzo: più se ne riceve, più da parte del pubblico c’è un’aspettativa maggiore.
Il 7 giugno sarai a Locarno, si tratterà di un concerto grandioso con l’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro di 72 elementi diretta dal maestro Marcello Rota e la partecipazione del Soprano Alessandra Marianelli. Puoi svelarci qualcosa in più sull’evento?
Certamente interpreterò anche brani tratti da “Love in Portofino”, ma non solo. La volontà è quella di offrire uno show che si tramuti in un gioioso momento di musica e di festa, di passione e di ottimismo. La prima parte sarà dedicata al repertorio più classico, alle arie più amate della lirica, con brani immortali di compositori del calibro di Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Charles Gounod, Pietro Mascagni… La seconda parte del concerto avrà una connotazione più “pop” e comprenderà canzoni tratte da album vecchi e nuovi, non senza qualche sorpresa ed un affondo nel repertorio napoletano. Proporrò inoltre quei brani che il pubblico collega alla mia voce e che desidera ascoltare… Insieme a me, sul palcoscenico, ci saranno come sempre ospiti importanti, quali appunto la bravissima e bella Alessandra Marianelli, che impreziosirà ulteriormente il concerto
Puoi darci un tuo parere sul panorama della musica italiana attuale?
Mi sembra che la musica italiana stia dando prova di una certa vitalità creativa… Credo che ogni periodo porti sempre con sé qualcosa di nuovo e d’interessante. Anche se talvolta è difficile identificarlo, al momento, ed è necessario attendere la selezione naturale che abitualmente è operata dal tempo.
Cosa consiglieresti ad un giovane che vuol fare strada nel mondo della musica lirica?
A un giovane cantante ricorderei che avere una bella voce significa solo contare su uno dei tanti ingredienti necessari. Ci vuole anche intelligenza, volontà, spirito di sacrificio, caparbietà e un po’ di narcisismo (oltre a tanta fortuna). Consiglierei di essere umile ma determinato, di contare sulle proprie potenzialità, di essere severo con se stesso, procedendo però sempre con ottimismo, non smettendo mai di credere nella propria passione; suggerirei di prendere buone abitudini (perché il tempo gliele renderà gradevoli) e di essere curioso… Inoltre lo esorterei ad avere tanti interessi, ad appassionarsi a vivere, perché se si vuole cantare ed emozionare chi ci ascolta, bisogna avere qualcosa da raccontare, attraverso il canto.