Riportiamo l’intervista radiofonica di Leo Caruso andata in onda su Radio Lora Italiana
Intervista a Krzysztof Charamsa autore del libro “La prima pietra. Io prete gay e la mia ribellione all’ipocrisia della Chiesa”.
L’autore è stato ufficiale della congregazione per la dottrina della fede dal 2003, segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale, insegnante di Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma. Il 3 ottobre 2015, il giorno del suo coming out, è stato automaticamente privato dei suoi incarichi.
Ricordiamo tutti l’immagine che la ritrae con il suo compagno, che ha fatto il giro del mondo, che ha portato scompiglio nella chiesa cattolica. Subito dopo tutti hanno pensato a questa fantomatica lobby gay all’interno del Vaticano. Lei però ha smentito categoricamente affermando che questa è stata una sua iniziativa, spalleggiato dal suo attuale compagno e da qualche amico. È davvero così?
Sì. A dire la verità la decisione fu solamente mia e appoggiata solamente dal mio compagno che fu l’ultimo dono di Dio, ultima fase della mia crescita, della mia evoluzione personale, della mia liberazione che è durata molti anni che mi ha aiutato a scoprire la necessità di rivolgermi contro un’istituzione omofobica. Io sono sempre stato un prete che si dedicava a ciò che la chiesa ha richiesto di testimoniare l’amore, la comprensione, la salvezza delle persone e quando scopro che in realtà nella chiesa c’è qualcosa che colpisce la mia personalità, che vuole distruggere qualcosa che fa intimamente parte di me stesso, che è il mio orientamento sessuale, ho scoperto che per essere coerente con la verità a cui ho dedicato la vita dovevo dire basta alla chiesa! Basta con la paranoia omofobica! Ma dietro non c’è nessuna lobby. È un’invenzione dell’autorità vaticana con cui si domina le masse creando un nemico, creando un’immagine negativa delle persone omosessuali accusandole come una mafia che vuole distruggere la famiglia, la chiesa e i valori tradizionali.
Quindi questa lobby non esiste, ma in qualche modo viene utilizzata come “spauracchio” per l’opinione pubblica….
Sì, è creata per questo. Ciò non significa che non ci sono preti omosessuali, il Vaticano ne è pieno, come è piena la Chiesa Cattolica per vari motivi storici, quando la chiesa fu per secoli un armadio dove i gay spontaneamente tendevano per nascondere.
Il suo libro “La prima pietra”, descrive questo percorso che ha intrapreso dopo il suo coming out, difficoltà e sacrifici. Ci racconti di questo suo percorso.
Questo libro è soprattutto la testimonianza di una liberazione, che però costa. Una testimonianza di un’evoluzione molto sofferta perché io non ho perso solo il lavoro, ho perso una parte di vita, il mio nome fu infangato come i peggiori possibili. Ho ricevuto anche minacce di morte. Ho pagato ciò che pagano molti omosessuali che non possono essere felici senza rivelare se stessi e non possono vivere nella bugia. Il mio percorso fu una liberazione da una prigione psicologica, sociale e anche religiosa. Una prigione che ti dava tutto, lavoro, buona fama ti promette carriera, ma in realtà distrugge qualcosa che più caro nel tuo essere e lo presenta come malattia come deviazione o una patologia.
Devo dire che il libro è un percorso sofferto ma spero che il lettore alla fine troverà la pace di quella serenità raggiunta. Valeva la pena percorre tutto ciò per riscoprire se stesso ma anche la verità di un’istituzione di cui io denuncio gli abusi da cui mi liberavo interiormente, un incontro e scontro tra persona e istituzione, in questo caso l’istituzione è la chiesa cattolica, una delle più potenti al mondo. Un’istituzione che io in realtà amo e stimo e a cui ho dato la mia vita e da qui che nascono i miei conflitti inferiori e le dure sofferenze…
Con toni pacati lei dice delle cose molto forti come che i preti gay dovrebbero abbandonare la chiesa che li offende continuamente, però alcuni preti gay intervistati da Vanity Fair hanno ammesso che sarebbero pronti a farlo ma per motivi di sopravvivenza non riescono a farlo.
Capisco il loro dolore, sono loro molto vicino. I preti che raccontano quella necessità ma si nascondono per non perdere il lavoro, perdere il buon nome. A loro in realtà ripeto che oggi, ogni sacerdote è obbligato non solo a rivelare la propria omosessualità, ma anche ad opporsi all’omofobia della chiesa. Penso soprattutto alla legge del 2005 in cui Papa Benedetto ha vietato di ordinare sacerdoti omosessuali anche se questi non vorrebbero avere nessuna relazione. Sulla base dell’orientamento sessuale questi sono esclusi dal sacerdozio e questa è una legge razzista. Alla luce di quella legge i preti dovrebbero avere la dignità di opporsi alla chiesa, io credo che se i preti iniziassero a farlo, la chiesa tremerebbe perché i preti omosessuali, come dico nel libro, costituiscono una fetta grande del clero.
Nonostante lei sia stato privato dei suoi incarichi continua a dire la “mia chiesa”. Cosa chiede oggi a quella che lei chiama “sua chiesa”?
Sì, la chiamo la mia chiesa e rimango cattolico perché sono stato battezzato. Io sono anche sacerdote perché sono solo sospeso dal ministero ma in realtà continuo ad essere sacerdote. Alla mia chiesa chiedo di aprire gli occhi, di iniziare a riflettere seriamente su una parte dell’umanità che è sana nella propria sessualità, bisessualità o anche transessualità, che è una grande sfida per il nostro tempo! Molti paesi hanno già capito, molte nazioni hanno già proceduto all’eliminazione di una discriminazione che per secoli dominava grazie a una certa interpretazione cristiana della scrittura. Chiedo a Papa Francesco di tornare alla passione dell’inizio del Pontificato e di non fermarsi alle parole.
Leo Caruso