Premiati i carcerati di Rebibbia dei fratelli Taviani che riportano prestigio al cinema italiano
Dopo 21 anni d’assenza, finalmente la rassegna Berlinese del cinema premia un film Made in Italy. A portarsi a casa l’ambito premio sono stati i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, dopo che da ben tre anni l’Italia non era rappresentata nella prestigiosa manifestazione berlinese da nessun film, con “Cesare deve morire”, un film ambientato nel carcere di Rebibbia dove un gruppo di detenuti sta preparando la messa in scena del “Julius Caesar” di Shakespeare. Prima tappa: i provini. Seconda tappa l’incontro col testo. Il linguaggio universale di Shakespeare aiuta, infatti, i detenuti-attori a immedesimarsi nei personaggi. Il percorso è lungo: ansie, speranze, gioco. Senza tralasciare gli scontri tra carcerati che mettono in pericolo la messinscena dell’opera. Per i fratelli del cinema italiano questo riconoscimento ha un valore grande perché segna il riscatto di una coppia di maestri che negli ultimi anni era stata ingiustamente dimenticata e messa ai margini. Si tratta di un’opera sperimentale, girata in bianco e nero, che recupera un testo classico come il Giulio Cesare di William Shakespeare, usando attori non professionisti detenuti nella sezione di massima sicurezza del carcere romano di Rebibbia. Il pensiero di uno dei fratelli, Paolo, è andato subito a questi attori improvvisati, i carcerati appunto: in conferenza stampa ha precisato, infatti, che con questo film si augura di riuscire a portare l’interesse sociale in questo “mondo di uomini, non bisogna dimenticarselo mai che sono uomini, anche se hanno delle colpe terribili”. Più toccante è stato, invece, il pensiero di Vittorio: “Spero che qualcuno tornando a casa dopo aver visto Cesare deve morire pensi che anche un detenuto, su cui sovrasta una terribile pena, è resta un uomo. E questo grazie alle parole sublimi di Shakespeare.” Poi i fratelli Taviani fanno i loro nomi perché non restino solamente dei generici carcerati, poiché “mentre noi siamo qui tra le luci loro sono nella solitudine delle loro celle. E quindi dico grazie a Cosimo, Salvatore, Giovanni, Antonio, Francesco e Fabione”.
Dalla Rai giungono le prime attestazioni di orgoglio per il premio appena conquistato: “Ricevere un riconoscimento così prestigioso al Festival del Cinema di Berlino, per la Rai e per il cinema italiano, motivo di grande soddisfazione ed orgoglio”, commenta il direttore generale della Rai, Lorenza Lei, mentre il presidente Rai Paolo Garimberti afferma senza mezzi termini che “È il più bel riconoscimento che potesse arrivare alla Rai attraverso RaiCinema per il costante lavoro che svolge nel sostegno al mondo del cinema. Si tratta di un’opera unica e meravigliosa per la capacità che ha in sé di suscitare emozioni e riflessioni su un tema difficile come quello delle carceri. Brava RaiCinema ma brava anche Rai. Stavolta possiamo dirlo davvero con orgoglio”. Aggiunge il presidente che L’Orso d’Oro a “Cesare non deve morire” è un “successo straordinario che dimostra come scegliere la qualità sia sempre l’investimento migliore”. Non è finita qui, perché “Cesare non deve morire” non è l’unico film italiano che ha ricevuto un riconoscimento: dalla sezione “Panorama”, infatti, è arrivato anche un premio del pubblico per “Diaz Non pulire questo sangue”, il tanto chiacchierato film di Daniele Vicari, che racconta le violenze consumate all’interno della scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001.