Discorso del presidente Barack Obama sulla fine della legislazione speciale iniziata nel 2001 con l’attacco alle torri gemelle
Svolta di Barack Obama nella lotta contro il terrorismo. Nel 2001, dopo l’attentato alle torri gemelle, Bush dichiarò guerra totale ad Al Qaeda. Fu varata una legge che dava al presidente poteri speciali, paragonabili a quelli in tempi di guerra. Ebbene, secondo Obama è ora di cambiare registro nella lotta al terrorismo. Sia ben chiaro, nessuna retromarcia in termini di attenzione e di rigore, ma la guerra totale deve finire. Cioè, la lotta contro i singoli terroristi non deve venir meno, come non deve venir meno quella contro le singole organizzazioni, però le misure d’emergenza adottate allora e continuate in tutto questo periodo vanno allentate o messe da parte, altrimenti c’è il rischio che anche i valori democratici fondanti della società siano in qualche modo in contrasto con le conquiste ottenute a prezzo di tanti sacrifici.
In sostanza, la garanzia di maggior sicurezza ha comportato l’abolizione di alcuni diritti sacrosanti della persona. A proposito dei droni, quegli aerei senza piloti inventati per portare guerra alle bande e ai rifugi dei terroristi ma che comportano pericoli per la popolazione civile, il presidente Usa ha detto: “Ne limiteremo l’uso ai casi di minaccia più grave per gli Stati Uniti, ma i droni sono uno strumento efficace: il più preciso, quello che comporta meno conseguenze collaterali rispetto all’uso di truppe, ai bombardamenti aerei o all’impiego dei missili”. Maggiore efficacia offensiva e danni ridotti a zero per le persone, nel senso che non ci sono rischi per i piloti che non ci sono e non ci sono rischi per i soldati, però l’efficacia della lotta contro i terroristi significa che anche innocenti diventano vittime dei droni. Quindi, dice Obama, bisogna aggiustare il tiro.
I maggiori poteri che la legge concede si sono scontrati inevitabilmente con i diritti individuali. Quando sono stati arrestati dei terroristi, non ci si è posto il problema delle garanzie individuali, per cui è stata usata la tortura per estorcere informazioni e accertare complicità. Ecco il passaggio del discorso di Obama: “In qualche caso credo che abbiamo compromesso valori fondamentali del nostro sistema democratico usando la tortura nell’interrogatorio dei nemici e mantenendo alcuni sospetti in stato di detenzione in un modo che è contrario alle nostre leggi”. Obama, però, pur essendo consapevole che le misure d’emergenza siano state utili, ritiene che esse appartengano ormai al passato.
Si prenda il centro di detenzione di Guantanamo. Prima di essere eletto per la prima volta promise che lo avrebbe chiuso, poi non è stato così facile, per l’opposizione della maggioranza in Congresso. Ora, appena dopo la seconda elezione, il presidente è tornato alla carica. Ecco il passaggio che si riferisce a Guantanamo: “Sono scelte politiche difficili, lo so, ma immaginate un futuro, tra dieci o vent’anni, nel quale gli Stati Uniti ancora tengono reclusi individui che non sono stati ancora rinviati a giudizio per nessun crimine specifico, in un pezzo di territorio che non fa parte del nostro Paese. Ma guardate anche la situazione di oggi: l’alimentazione forzata dei detenuti in sciopero della fame. Vi riconoscete in questa situazione? E’ quello che siamo? E’ quello che l’America vuole lasciare ai suoi figli?”.
Ciò detto, però, sembra che Obama stesso riconosca lo stato di necessità della legislazione speciale. Ha detto, infatti, il presidente: “Avrei preferito arrestarli e processarli (i terroristi, ndr), ma quando questo non è stato possibile, aspettare di essere attaccati non è un’opzione: bisogna agire. Il rimorso per le vittime civili che gli attacchi coi droni hanno provocato ci perseguiterà sempre, ma la mia responsabilità di comandante supremo mi obbliga a confrontare queste tragedie che spezzano il cuore con le alternative”.
La conclusione è in linea con la premessa: “Siamo a un crocevia, non possiamo usare la forza ovunque si diffonde un’ideologia radicale, non si può abbracciare la logica della guerra perpetua, significherebbe autocondannarsi alla sconfitta”. Dunque, lotta contro i terroristi sì, ma non a prezzo delle conquiste democratiche. Perciò, chiusura di Guantanamo, diritti individuali nei processi e nelle prigioni, “nessuna nazione può mantenere le sue libertà in mezzo a un clima di guerra perenne”.
Obama ha indicato le prospettive, ma gli americani sono disposti a seguirlo? Il punto interrogativo è d’obbligo, visti gli attacchi di singoli terroristi negli Usa, ma anche a Londra e magari domani in un’altra capitale? Il ritiro dall’Afghanistan, la fine della guerra in Iraq, la prudenza nei confronti di un intervento in Siria sono tutti atti che dovrebbero dare ragione alla tesi di Obama, ma sarà davvero così? Non c’è forse un interesse specifico dei terroristi a mantenere alto il livello dello scontro, pena la perdita del potere della loro tradizione ideologica e religiosa? Sono tutte domande le cui risposte si avranno nei prossimi mesi o anni.