Putin riesce a tirare Yanukovich dalla sua parte garantendo un prestito di 15 miliardi di dollari e un prezzo favorevole per l’acquisto del gas
Dopo un mese di altalena Viktor Yanukovich, il presidente ucraino, ha scelto Mosca voltando le spalle a Bruxelles. All’inizio doveva firmare l’accordo di associazione con l’Ue, bastava un atto del Parlamento con cui si concedeva la libertà a Julia Timoshenko, incarcerata per abuso di ufficio ma in realtà per aver sottoscritto un accordo con Putin nel 2010 per la fornitura di gas, ed era fatta. Invece, quel provvedimento non c’è stato, per cui l’Ue non avrebbe mai potuto sottoscrivere un accordo con un Paese illiberale. D’altra parte, la Russia di Putin era interessata a staccare l’Ucraina dall’Europa, quindi premeva su Yanukovich affinché questi rinunciasse a Bruxelles con un mezzo convincente: un prestito miliardario per uscire dalla crisi.
Un mese fa Yanukovich bloccò l’accordo con l’Ue ma non ne sottoscisse un altro con Putin. Insomma, si concedeva al miglior offerente, sapendo bene che con l’Ue ci sarebbero stati problemi all’inizio ma poi ci sarebbero stati vantaggi. Con la Russia, invece, sarebbe stato il contrario: bene all’inizio, poi problemi, perché i prestiti si restituiscono e soprattutto perché la stessa Russia sarebbe stata la beneficiaria del prestito all’Ucraina in termini di fornitura di gas e di interessi sul debito.
I termini della questione erano ben noti all’opposizione, scesa in piazza per protestare contro l’incarcerazione di Yulia Timoshenko e contro la sudditanza a Mosca. In Ucraina la dipendenza da Mosca non è ben vista. Durante il periodo dell’Urss non si poteva fare altrimenti, ma caduta l’Unione Sovietica il popolo voleva staccarsi dall’ingombrante confinante. Consegnarsi nelle mani di Putin voleva dire perdere la sovranità. Di qui l’invito della Timoshenko a scendere in piazza per protestare contro l’accordo con la Russia. Le manifestazioni si sono susseguite senza sosta, oggi più che mai numerose per opporsi all’accordo con Mosca. Nella scorsa edizione del giornale abbiamo riferito che i maggiori imprenditori sono contro l’accordo con Mosca, dunque contro Yanukovich, che in precedenza è stato sostenuto proprio da loro. Essi, infatti, sanno benissimo che da un accordo con Mosca a uscirne bene sono solo i parenti del presidente.
Naturalmente, anche il gioco a chi offriva di più è stato scoperto a Bruxelles, per cui i margini si sono ristretti, fino alla scelta ultima della settimana scorsa, quando, incurante delle proteste di piazza, Yanukovich si è recato a Mosca per definire l’accordo. I cui termini sono i seguenti. 1) Putin e Yanukovich non hanno parlato dell’adesione dell’Ucraina all’unione Doganale all’interno della federazione russa, ma la reversibilità dal patto sarebbe molto costoso per l’Ucraina stessa. 2) La Russia fa all’Ucraina un prestito di 15 miliardi di dollari, con i quali comprerà obbligazioni ucraine. 3) La Russia venderà gas all’Ucraina a prezzi scontati, invece di 410 dollari per mille metri cubi solo 268 dollari. 4) Verranno facilitate le misure per i commerci. Putin ha tenuto a precisare che si tratta di “misure temporanee”, che è un modo come un altro per far capire che i voltafaccia saranno pericolosi.
Putin, dunque, è riuscito a tirare dalla sua parte l’Ucraina, che potrà contare sul prestito di 15 miliardi di dollari che le permetteranno di respirare e di far respirare l’economia nazionale, almeno per un certo periodo. Si tratta certamente di un successo per Putin, che strappa all’Europa un Paese cuscinetto che geograficamente congiunge l’Ovest e l’Est. L’opposizione, condotta da Vitaly Klitschko, pugile campione del mondo dei pesi massimi, è decisa a dare battaglia, proseguendo le proteste e reclamando le elezioni anticipate. La scadenza elettorale è fissata per aprile 2014. Con il prestito russo Yanukovich cercherà di vincere le elezioni, ma non è detto che ce la faccia. L’opposizione punta sui sentimenti anti Mosca del popolo ucraino, per cui potrebbe farcela. In tal caso, la nuova maggioranza, seppure a caro prezzo, potrebbe rimettere in questione il patto firmato tra Putin e Yanukovich.