Le giornate della memoria sono sempre segnate da ciò che le parole non riescono a dire. Perché nulla puo’ descrivere gli orrori avvenuti nei campi di concentramento tedeschi. È forse questo il significato piu’ autentico della presentazione delle raccolte di scritti “Lugano città aperta” e “Lugano al crocevia” che alla Università della Svizzera Italiana-USI di Lugano ha luogo proprio questa mattina. E non per caso. Domenica 27 gennaio, giorno in cui il campo di concentramento di Auschwitz fu liberato dalle truppe sovietiche, ricorre la annuale celebrazione della Giornata della Memoria. Promosso dalla associazione culturale luganese Fondazione Federica Spitzer (www.fondazionespitzer.ch), dall’Istituto di studi italiani dell’USI e dall’Archivio storico della Città di Lugano, con il Dipartimento istituzioni ed il Programma di integrazione cantonale ticinesi, all’ odierno evento partecipano alcune tra le massime autorità accademiche, culturali ed amministrative ticinesi. Boas Erez, rettore dell’USI. Norman Gobbi, titolare del Dipartimento delle Istituzioni. Marco Borradori, sindaco di Lugano. Moreno Bernasconi, presidente della Fondazione Federica Spitzer. Stefano Prandi e Giacomo Jori: accademici presso l’USI. Pietro Montorfani, Direttore dell’Archivio storico della Città di Lugano. Nell’ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia, la Fondazione Federica Spitzer e la Città di Lugano ricordano la tradizione umanitaria di Lugano e della Svizzera italiana verso chi ha subito la negazione della libertà, la persecuzione razziale e religiosa, la oppressione politica. Il progetto, preceduto l’anno scorso anche dalla inaugurazione di un Giardino dei Giusti al Parco Ciani di Lugano, intende ricordare quattro ticinesi che si impegnarono a salvare la vita di chi fu perseguitato durante il secondo conflitto mondiale. Ricordiamoli. Francesco Alberti, sacerdote. I coniugi Anna Maria Valagussa e Carlo Sommaruga, diplomatico. Guido Rivoir, pastore valdese. Tra i relatori oggi presenti a Lugano spicca anche la testimonianza di Piotr Cywinski, Direttore del museo di Auschwitz-Birkenau. Il sito è tristemente noto come campo di concentramento nel 1940-1945 non solo per internati ebrei, ma anche per oppositori politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova, zingari e omosessuali. In seguito è diventato un museo e quindi preservato dall’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele-Yad Vashem. Tra i molti che non sopravvissero agli orrori di Auschwitz ricordiamo un solo, indimenticabile nome: Anna Frank. E’ grazie a incontri come quello odierno che la storia esce dal passato e parla alla coscienza della società. A noi, semplici testimoni di persone scomparse, non resta che assistere in silenzio. E chinare il capo. Ma ricordando per i nostri giorni a venire che nessuno è mai immune dal subire il male.
NL TOMEI