Recentemente il Municipio di Lugano ha avviato la sua campagna di alfabetizzazione digitale, inaugurando il primo di una serie di incontri dove verranno messe a disposizione della cittadinanza le competenze per valutare l’uso delle attuali potenzialità consentite dalla informatica.
Soffermiamoci sulle premesse e le prospettive avviate da tali iniziative, con l’avvertenza che questo non necessariamente implica l’avvio di una relazione causa-effetto.
Ormai è nozione acquisita che le applicazioni informatiche siano il tema dominante di questo periodo post-pandemico. Indietro non si torna. I due anni di lockdown sono da ricordare come lo spartiacque tra un prima ed un dopo che ormai è già entrato nella realtà virtuale riflessa dagli schermi dei dispositivi mobili che abbiamo in tasca.
Di conseguenza, la smaterializzazione delle procedure e delle attitudini che abbiamo sperimentato in passato e collegati all’uso cartaceo dei documenti, quella che se volete oggi potete anche chiamare digitalizzazione, non ne è che la conseguenza.
Come accaduto con le prescrizioni sanitarie, anche in questo caso all’ente pubblico, che con la cittadinanza è consapevole di condividere in modo circolare la appartenenza al medesimo ecosistema di sviluppo, spetta il compito di avvertire i soggetti interessati, ricordando loro che prevenire è meglio che curare e, nello specifico, adeguarsi agli standard di mercato perlomeno aiuta a reagire alle fluttuazioni di cicli economici che mai come in questo periodo sembrano non offrire garanzie di successo.
In aggiunta, se in futuro per rimediare alle carenze digitali del singolo, pur conseguenti alla sua libera scelta, poi si dovesse ricorrere alle disponibilità finanziarie della pubblica amministrazione, cioè ci fosse da pagare con i soldi di tutti, allora non resta che organizzare una serata a libero ingresso ed esporre alla cittadinanza come stanno le cose.
Ed allora arriviamo all’incontro “Come usare il digitale per promuovere la propria attività a Lugano”, che ha attirato più di 150 imprenditori in rappresentanza di un ampio numero di attività commerciali.
Questo ha avviato un networking, una dialettica fra le esperienze teoriche e quelle pratiche tra i presenti in sala, su tre filoni di discussione.
Innanzitutto, la moneta digitale della municipalità del Ceresio, il Luga (https://my.lugano.ch/). A seguire, come accettare pagamenti nelle criptovalute disponibili sul territorio comunale, incluse quindi bitcoin e Tether (https://planb.lugano.ch/accettare-crypto-pagamenti/?lang=it9). Ed infine: come ottenere Bitcoin e Luga (https://planb.lugano.ch/get-crypto/).
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, fra breve vedremo che per giungere al risultato della serata è necessario sottrarre i facili pregiudizi ed addizionarne i contenuti.
In particolare, la relazione di Federico Vigano (https://www.linkedin.com/in/federicovigano/?originalSubdomain=ch), attivo in ambito digitale, ha segmentato le categorie di utenti e le possibilità di utilizzo delle criptovalute come elemento distintivo per il commerciante ed attrattore delle preferenze di spesa del pubblico.
Diamo spazio alle cifre. In base alle ultime rilevazioni, ha esordito l’esperto, “secondo BTCmap.org la città di Lugano è al terzo posto al mondo tra le città in cui si accettano criptovalute. Ad oggi sono 300 le attività locali che accettano pagamenti in LVGA e 22mila i wallet, portamonete digitali, che sono stati creati, ed inoltre si contano 300mila franchi in LVGA a disposizione nei wallet degli utenti per acquisti a Lugano. L’utilizzo è raddoppiato nel corso del 2022 toccando picchi di quasi 7000 transazioni/mese durante il periodo estivo”.
Quindi, ha ricapitolato Vigano, la offerta MyLugano ed il Plan B, ovvero le iniziative promosse dalla municipalità del Ceresio per contribuire alla ripresa post-pandemica delle attività commerciali del territorio, consentono agli imprenditori una serie di vantaggi, fra i quali: attivare opzioni alternative alle tradizionali forme di pagamento; evitare la volatilità dovuta alle fluttuazione dei cambi, inconveniente condiviso a tutte le regioni di frontiera; offrire agli esercenti termini di incasso concorrenziali sulle condizioni tariffarie e contrattuali oggi disponibili; ed infine gratificare con un cashback sull’acquisto, con uno sconto che lo induce a tornare in negozio, il soggetto che in ambito commerciale per definizione “ha sempre ragione”, cioè il cliente.
Ed ecco quindi che arriviamo alla addizione dei contenuti che anticipavamo prima, ovvero ai presupposti, alle competenze necessarie perché poi tutti gli scambi in moneta elettronica in seguito trovino il loro fondamento.
Ci riferiamo alle strategie di comunicazione sulle reti sociali, all’uso di LinkedIn, Facebook, Instagram, alle campagne promozionali focalizzate sulla messaggistica elettronica, alla profilazione della specifica esperienza di vendita commerciale, all’uso degli hashtag, il fil rouge tematico che guida l’utente nella sua ricerca di prodotti simili.
Insomma, a tutte quelle evoluzioni digitali che aiutano a superare il preconcetto ancora radicato che per farsi conoscere è indispensabile avere il cliente “in presenza”, nel negozio.
Questo, a ben pensarci, è ormai impossibile quando si ragiona in termini globali.
Intendiamoci: si tratta di una serie di opzioni complicate solo per chi le voglia rifiutare.
Gli individui, nella specifica circostanza definiti dalla categoria merceologica dei commercianti, sono liberi di accettarle o rifiutarle, e di abbandonarsi alla conseguentemente marginalizzazione dei beati ultimi; ma che almeno abbiano la consapevolezza che tali saranno destinati a rimanere.
di Andreas Grandi