La settimana scorsa è stata approvata definitivamente la finanziaria con voto di fiducia richiesto dal governo, dopo il rifiuto del ritiro degli emendamenti dell’opposizione, perché, come ha spiegato il ministro Tremonti in un’intervista apparsa sul Corriere della Sera di domenica, la legge finanziaria è come “una cattedrale”: non puoi spostare un’architrave senza compromettere l’intera struttura.
L’altro provvedimento del governo, la proroga dello scudo fiscale, si è reso necessario visto il buon risultato ottenuto in quattro mesi, dal 15 settembre al 15 dicembre: circa 100 miliardi che hanno fruttato un’entrata straordinaria di cinque miliardi che saranno messi a disposizione di scuola, famiglie e ricerca. Ma, va da sé, l’argomento che ha tenuto banco è l’aggressione a Berlusconi ad opera di Massimo Tartaglia, uno squilibrato che ha agito sull’onda di un clima di odio che da almeno sei mesi ha come bersaglio la persona del premier.
Al di là del fatto di cronaca, l’aggressione sembra segnare – sottolineiamo il verbo “sembra” – un punto di svolta nel clima politico, sia nella maggioranza che nell’opposizione, almeno in quell’opposizione – l’Udc, l’Api di Rutelli, buona parte del Pd – disposta a non considerare gli avversari come nemici. L’Idv di Di Pietro, ad esempio, tira per la sua strada coprendo d’insulti e di disprezzo sia gli avversari-nemici, sia gli altri partiti o esponenti politici che sono aperti al confronto civile.
Cominciamo dalla maggioranza. Dopo le denunce seguite all’aggressione al premier – costretto a 5 giorni in ospedale e a 15 di risposo assoluto – e dopo il discorso alla Camera di mercoledì 16 da parte di Fabrizio Cicchitto, che ha parlato di un “clima di 15 anni di odio che ha armato la mano” di Tartaglia e degli insulti contro la persona del presidente del Consiglio, è maturata una reazione più pacata partita dallo stesso premier. Il quale, da una parte ha ricevuto telefonate e testimonianze di solidarietà e in vari casi di affetto da parte dei maggiori rappresentanti di Stato e di governo del mondo, Obama e Putin in testa, dall’altra ha apprezzato le parole e la visita del Segretario del Pd, Pierluigi Bersani, e di altri leader dell’opposizione, D’Alema e Casini in primis, che non hanno usato mezzi termini nel condannare l’atto di violenza “senza se e senza ma”. In più ha ricevuto messaggi di solidarietà da parte della stragrande maggioranza (il 66% circa) degli italiani.
In sostanza, Berlusconi ha fatto dichiarazioni che denotano una svolta. Ha parlato di “amore che vince l’odio”, di dolore che può mutarsi in fatto positivo se riesce a creare un clima diverso nei rapporti politici. Già in occasione della finanziaria la maggioranza, a detta di Tremonti, era disposta a tendere la mano all’opposizione rinunciando al voto di fiducia. L’apertura, però, è evidente anche nella disponibilità, per ora solo verbale, a cercare il coinvolgimento dell’opposizione in materia di riforme.
Certo, c’è un ostacolo non di poco conto ed è la decisione della maggioranza di mettere al riparo il premier dagli assalti di una “magistratura militante” che, a detta del Pdl, persegue l’obiettivo di far dimettere Berlusconi.
A questo punto passiamo nel campo dell’opposizione, dove l’Udc e una parte del Pd sono disponibili al confronto a condizione che la maggioranza rinunci al “processo breve” e alle leggi ad personam, al punto che c’è disponibilità a favorire un provvedimento che introduca per legge il “legittimo impedimento”, cioè al premier è riconosciuto che durante il suo mandato non può occuparsi di eventuali processi a suo carico, i quali in qualche modo vengono congelati senza diritto alla prescrizione. In sostanza una specie di Lodo Alfano. Si sta studiando poi anche l’ipotesi di favorire o un Lodo Alfano per via costituzionale o la reintroduzione per tutti i parlamentari della vecchia immunità costituzionale abolita nel 1993.
A favore di questa scelta si sono schierati, come detto, l’Udc e vari esponenti del Pd, da D’Alema allo stesso Bersani e all’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro, ma al solo sentir parlare di apertura da parte della maggioranza del Pd, sono insorti esponenti della minoranza, da Veltroni a Franceschini, i quali hanno accusato la maggioranza del Pd di “inciucio”, con un bersaglio noto: D’Alema. Ecco quello che ha detto Veltroni: “Non si può dire una volta che Berlusconi deve essere ridotto a fare il mendicante e poi un’altra trattarlo come se fosse De Gasperi”. Ed ecco la risposta di D’Alema: “La vera discriminante è tra essere uomini politici e non esserlo”.
Di fronte alla prospettiva di Bersani di rinunciare all’antiberlusconismo e di fare politica non con l’odio ma con la “proposta politica” riemerge l’ala giustizialista (Franceschini e Veltroni) che raggiunge l’Idv di Di Pietro che ha parlato di Berlusconi come di un istigatore alla violenza. Anche Rosy Bindi, a botta calda, aveva invitato “Berlusconi a non fare la vittima”, ma poi aveva prevalso il ragionamento.
Ecco, dunque, la sintesi: anche se con difficoltà (perché è duro cambiare di colpo giudizi e strategia) emerge nell’uno come nell’altro campo l’idea di rapporti più corretti e rispettosi tra le persone di opposte o diverse convinzioni.
Forse mai come quest’anno le festività natalizie possono essere una buona occasione di riflessione.
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