Il governo Letta di fronte alla sfida del rinnovamento
Che settimana, la trascorsa!
Forse rimarrà nei libri di storia. O forse sarà ricordata come un’ennesima occasione sprecata. Chissà? La politica italiana, nel bene e nel male, è colma di sorprese. Dipende dalla cabala. Dal bizantinismo di una classe politica che ha spesso smarrito il senso della missione e della responsabilità assegnatele dal popolo sovrano. A chi scrive non rimane che la speranza del cambiamento come avviene ed è avvenuto in tanta parte d’Europa. Penso alla Germania, soprattutto. Con la consapevolezza che, nel contesto della più grave crisi economica e sociale del dopo guerra, anche quella grande nazione, da sola, non saprà rispondere alla sfida della storia. Ma senza di essa non sarà possibile costruire l’Unione europea del domani in grado di reggere la competizione globale. Lassù, a Berlino, con il consenso referendario dei militanti socialdemocratici, ci si prepara a una grande coalizione per rispondere pienamente alle indicazioni delle elettrici e degli elettori. Quaggiù, tra noi, ogni e qualsiasi ampio accordo di governo è stato bollato e sino ad oggi, di necessità. O peggio ancora come squallido inciucio per il mantenimento di un potere corrotto. Che stia cambiando qualcosa, come accadde in anni decisivi della repubblica, lo si può intuire da alcuni ancora confusi segnali.
La vittoria di Matteo Renzi alle primarie per la leadership del Partito democratico ha assunto il significato di una svolta. Lo affermo con la convinzione di chi ha fatto, consapevolmente e senza pentimenti, un’altra scelta. È indubbia, tuttavia, la capacità del sindaco fiorentino di suonare un altro spartito. Indicare, come è avvenuto mercoledì scorso all’incontro con i gruppi parlamentari e all’assemblea nazionale di domenica 15 dicembre, la via del rinnovamento con la chiarezza e la convinzione necessarie. La concretezza, unita al coraggio, appare come la virtù migliore del nuovo leader democratico. Così come le proposte, non tutte innovative, che Matteo Renzi ha posto all’attenzione dei deputati e senatori democratici. L’abolizione del senato e la conseguente estinzione di quel bicameralismo perfetto, la vera palla al piede per la governabilità del paese, così come la sostanziale diminuzione del numero di deputati, sono, checché se ne dica, proposte altamente riformatrici, già poste nel passato e mai attuate se non nel libro dei sogni di qualche anima bella. A cui possiamo aggiungere l’impegno di Matteo Renzi per una nuova legge elettorale unita all’estinzione del finanziamento pubblico ai partiti, per dare al popolo la possibilità di scegliere, come avviene nelle nazioni di consolidata tradizione democratica, il partito a cui dare il proprio contributo volontario unito al consenso.
La sfida è appena all’inizio. Occorrerà far prova di sapienza. Essere coscienti di lavorare per l’unità dei democratici nel rispetto del pluralismo delle componenti ideali e riformiste di cui è ricca la forza politica chiamata a reggere il governo della repubblica. L’ elezione di Gianni Cuperlo, l’antagonista da me sostenuto, alla presidenza del partito, è un chiaro segnale di concordia e spirito innovativi. Si tratta di designare la nuova architettura della repubblica. Uno stato di indirizzo federale per valorizzare appieno il decentramento amministrativo basato su una estesa autonomia delle regioni e dei comuni italiani. Anche attraverso la creazione delle aree metropolitane, chiamate a sostituire, in parte, il ruolo delle provincie di cui si prevede il superamento. Non vi è alcun dubbio che il successo di tali obiettivi avrebbe effetti dirompenti sul futuro dell’Italia. Sarebbe una risposta, persino rivoluzionaria, al qualunquismo dilagante che vede nella figura di Grillo il capofila di un disegno disgregatore.
Che si tratti dei costi della politica, a cui il governo Letta ha dato una prima forte risposta, sostituendo l’attuale finanziamento ai partiti con il sostegno volontario del due per mille dei contribuenti; del drammatico problema occupazionale e giovanile, o della corruttela di massa, un cancro purulento del paese, ogni occasione è buona per suscitare ripulsa verso la politica e appiccare il fuoco della violenza. Grillo, alias Casaleggio, il guru del movimento stellato; i capifila, con l’ antisemita Zunino, dei forconi, con l’aggiunta del partito ( “ Forza Italia”) dell’ex senatore Berlusconi, giocano al tanto peggio tanto meglio.
Verrebbe da dire che temono il nuovo corso come il sintomo del loro declino politico e protestatario. La rinnovata maggioranza di governo, un centro sinistra liberato dalle scorie berlusconiane, dal populismo e dal qualunquismo anti sistema, ha ottenuto un compatto voto di fiducia nei due rami del parlamento repubblicano. Da qui può iniziare un nuovo cammino sulla via del risanamento sociale, politico e morale della nazione.