“Il 30 agosto 1965 una valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio seppellì 88 dei lavoratori impegnati nella costruzione della diga in terra più grande d’Europa. Di questi, 56 erano italiani. Come a Marcinelle, la tragedia determinò un momento di cesura nella lunga e travagliata storia dell’emigrazione italiana, segnando un punto di non ritorno. La catastrofe suscitò molto scalpore in tutta Europa: per la prima volta, stranieri e svizzeri morivano l’uno a fianco all’altro”. Lo dichiara in una nota Toni Ricciardi, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera a margine dell’inaugurazione all’inaugurazione dell’Esposizione MATTMARK 1965 – 2025: Tragedia nella montagna che si è tenuta alla Camera dei Deputati nell’ambito del 60esimo anniversario della tragedia
“Erano gli anni nei quali l’emigrazione si andava progressivamente meridionalizzando; il Mezzogiorno si svuotava senza sosta, mentre la piccola Svizzera accoglieva da sola quasi il 50% dell’intero flusso migratorio italiano: più di 2 milioni e mezzo di persone, dall’immediato secondo dopoguerra e fino agli anni Ottanta. Molte furono impegnate nella costruzione di grandi opere, come la diga di Mattmark.
In Svizzera, l’opinione pubblica utilizzò Mattmark come stimolo per approfondire il dibattito sul senso stesso di uno sviluppo economico pressoché incontrollato, che richiedeva sempre più manodopera straniera scarsamente qualificata. Anche per gli italiani in Svizzera, Mattmark fu l’occasione per interrogarsi sul senso della loro presenza in un Paese in cui erano economicamente necessari, ma socialmente non accettati.
L’oblio nel quale è caduta questa tragica pagina dell’emigrazione italiana, e più in generale della recente storia svizzera, ci fa parlare di Mattmark come di una “Marcinelle dimentica”. Oggi sta a noi ricordare che la Repubblica italiana si fonda sulla emigrazione e che sarebbe necessario migliore senso della storia e maggiore lungimiranza per affrontare le crisi di oggi. Mattmark non è solo storia del lavoro e storia di sfruttamento ma anche storia di processi economici e migratori che tuttora si somigliano e che dovremmo imparare a leggere, comprendere e non strumentalizzare. Grazie a chi ha mantenuta viva la memoria di questa tragedia e nel sessantesimo riconosce con importanti iniziative l’alto sacrificio e il tributo di sangue pagato dai nostri connazionali nella più grande tragedia industriale dell’edilizia che la Svizzera ricordi. Queste vittime hanno dato un contributo alla memoria condivisa che dobbiamo continuare a coltivare”. Così ha concluso Ricciardi
Comunicato del 10 giugno 2025