Secondo le motivazioni della sentenza che lo ha condannato all’ergastolo, Salvatore Parolisi, dopo la scoperta da parte della moglie della sua relazione con l’amante, viveva in una condizione di umiliazione
Il giudice del tribunale di Teramo, Marina Tommolini, colei che tre mesi fa ha condannato Salvatore Parolisi all’ergastolo, ha reso note le motivazioni della sentenza ed è subito sorpresa. Infatti, il delitto non sarebbe maturato perché Salvatore Parolisi aveva un’amante e dunque voleva disfarsi della moglie che non consentiva la separazione, ma perché lei aveva rifiutato un rapporto sessuale a Ripa di Civitella, il 18 aprile, quando lei si era appartata per fare pipì dietro una siepe, calandosi i pantaloni fino alle ginocchia e suscitando in lui il desiderio di un rapporto sessuale da lei negato. Ecco, l’umiliazione del rifiuto avrebbe fatto scattare la rabbia e la furia omicida con 35 coltellate.
L’uomo aveva sempre detto che quel giorno lui, la moglie e la figlioletta Vittoria di due anni erano andati a fare una gita a Colle San Marco, portando la bambina sull’altalena, poi che la moglie doveva andare al bagno e che si era allontanata senza far ritorno, trovata morta infine a Ripe di Civitella, a circa dieci km di distanza, semisvestita, con una siringa iniettata sul seno sinistro e con un laccio emostatico per sviare gl’inquirenti. Le prove avevano dimostrato che quel giorno nessun testimone aveva visto la coppia con una bambina, che a Colle San Marco ci erano andati, in realtà, due settimane prima, che la descrizione del luogo del delitto fatta da Parolisi non poteva dipendere, come lui affermò, dalla visione di due fotografie scattate da un suo amico, che poi ha smentito di aver scattato foto. Dunque, la ricostruzione degli inquirenti era che Parolisi mentiva per coprire il suo folle gesto, compiuto in un momento di rabbia, per disfarsi della moglie per poter vivere con l’amante, Ludovica Perrone, recluta della caserma dove operava il caporalmaggiore. Solo che gl’inquirenti attribuiscono la rabbia alla voglia di disfarsi della moglie, mentre il giudice ad un rapporto sessuale negato, quindi all’umiliazione subìta quel giorno e anche nel corso degli ultimi mesi.
Più o meno un anno prima Melania aveva scoperto la relazione extraconiugale del marito, ma col passare del tempo la donna si era convinta che la relazione fosse terminata. Invece non fu così, per cui Melania non perdeva occasione per umiliare il marito. Il giudice fa notare che Parolisi stesso, parlando con un parente, aveva rivelato che Melania lo umiliava tutti i giorni rinfacciandogli, anche in presenza di altre persone, la relazione. Il che gli aveva generato tanta frustrazione, al punto che trovava conforto nella relazione con l’amante. Ecco le sue parole: “Carmela lo aveva talmente stressato a causa della relazione extraconiugale da farlo ricorrere ad una visita medica per un problema agli occhi e alla testa”.
Insomma, Melania, secondo le motivazioni del giudice, aveva adottato un atteggiamento di rimprovero nei confronti del marito, facendolo vivere così in una sorta di sudditanza morale e fisica.
Ecco un altro passo della sentenza: “Un delitto d’impeto che nulla ha a che vedere con amanti o segreti di caserma, ma che è maturato nell’enorme frustrazione vissuta dal Parolisi nell’ambito di un rapporto divenuto impari per la figura ormai dominante di Melania”.
Per essere più chiari: “Il malessere in cui viveva, emergeva anche da un sms inviato alla moglie il 22.03.2011, in cui diceva: sei sempre tu quella che sbaglia sempre e siccome stai sempre sul chi va là prendi sempre decisioni affrettate, fai sempre di me quello che vuoi. E’ vero ti ho detto una bugia (…) ma come sempre mi rendi ridicolo davanti a tutti”.
Parolisi uomo frustrato dalla dominanza di Melania e fragile al punto da uccidere dopo l’umiliazione di un rapporto negato. Lei, secondo la sentenza, si era accucciata dietro una siepe, lui si eccita e si avvicina, la prende e la bacia, ma lei si nega e lui, in preda alla furia omicida, la colpisce con tante coltellate e l’ammazza.
Le motivazioni, però, non si basano su prove concrete e inconfutabili, ma solo su una ricostruzione, dettagliata e logica quanto si vuole, ma pur sempre una ricostruzione, e come tale facilmente confutabile in sede di appello.