Appello di Giorgia Meloni: “io credo nel rispetto, nella laicità dello Stato, nella sacralità della vita, nella solidarietà perché me lo ha insegnato questo simbolo”. Diverse azioni di sindaci italiani contro il divieto al presepe!
Per anni, nella tradizione italiana, il Natale e il presepe hanno costituito un binomio indissolubile, un po’ come il pane e la nutella, come Peppone e Don Camillo, Holly e Benji… Insomma l’uno non aveva senso senza l’altro, o comunque il presepe ha sempre espresso a pieno un sentimento e un valore simbolico a cui gli italiani sono molto legati e lo dimostrano soprattutto sotto le feste natalizie.
Questo legame lo spiega bene Eduardo De Filippo in quella meravigliosa commedia ‘Natale in casa Cupiello’ dove i tre atti della commedia sono più volte intervallati dalla domanda-tormentone “Te piace ‘o presepe?” che Luca ripete più volte al figlio Nennillo e che racchiude tutta la filosofia partenopea e l’amore che i campani provano per i presepi, sentimento esteso in tutta Italia. In questi ultimi anni però il presepe, così come molti dei simboli cristiani e cattolici, sia natalizi che non, hanno subito un attacco incalzante giustificato dalla illogica idea che tali simboli potrebbero offendere e disturbare gli uomini degli altri credo e che non ne riconoscono il valore.
È così che diverse iniziative, soprattutto nelle scuole e negli ambienti pubblici, hanno fatto e fanno discutere attorno al tema: niente canti religiosi durante le feste natalizie, nessuna rappresentazione religiosa, vietati i presepi e varie altre iniziative di questo genere hanno sollevato la rabbia di molti italiani. Diversi sindaci hanno intrapreso delle azioni per contrastare questa ondata di intolleranza nei confronti della propria cultura, come il sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto Di Stefano, che ha regalato alle scuole del territorio di un piccolo presepe, organizzando dei momenti di consegna agli istituti interessati. “Consideriamo importante in questo momento storico difendere la nostra cultura, i nostri valori, le nostre tradizioni. Purtroppo sempre più spesso si moltiplicano in vari comuni e in alcune scuole tentativi di nascondere il Natale. Il presepe rappresenta la nostra identità oltre a essere portatore di uno straordinario messaggio di pace e speranza” ha scritto in una nota diffusa ai dirigenti scolastici il primo cittadino. “Modificare o censurare usanze, simboli, tradizioni, presumendo che questo sia politicamente corretto, è sbagliato e porta a meccanismi, figli della paura, che accrescono le divisioni e riducono le libertà. Crediamo dunque sia importante ridare valore al presepe come faremo, in questi giorni, anche nella sede del Comune”, conclude il sindaco.
Anche a Marrubbio il sindaco Andrea Santucciu ha invitato i cittadini a partecipare all’iniziativa dell’amministrazione “Presepi in mostra”, col sostegno della biblioteca. Il sindaco di Vallo della Lucania ha ripreso la dirigente scolastica che aveva vietato canti natalizi e presepe a scuola spiegandole in una nota ufficiale che il suo gesto “non garantisce il rispetto di alcunché, non produce una scuola e una società accoglienti e inclusive. I simboli della nostra Fede e della nostra Tradizione come quello del Presepe, mi consenta, non discriminano nessuno”. “I valori del cristianesimo hanno fecondato la cultura, la letteratura, la musica e l’arte del nostro mondo, ancora oggi tali valori costituiscono un prezioso patrimonio da conservare e trasmettere alla future generazioni” conclude il sindaco.
È guerra aperta ed a schierarsi in prima linea il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che in un video diffuso su Facebook afferma di aver deciso di fare il presepe “quando non lo fa più nessuno, quando nelle scuole dicono che non si può fare perché offende chi crede in un’altra cultura. Continuo a chiedermi come possa un bambino che nasce in una mangiatoia o una famiglia che scappa per difenderlo, offendere qualcuno. Come possa offendere qualcuno la mia cultura. Proprio non me ne faccio una ragione: che si creda in Dio oppure no, in questo simbolo sono raccolti i valori che hanno fondato la mia civiltà. Quello che io sono è in questo simbolo: io credo nel rispetto, nella laicità dello Stato, nella sacralità della vita, nella solidarietà perché me lo ha insegnato questo simbolo”.
I musulmani e i presepi
Siamo sicuri che i musulmani si offendano alla presenza di un presepe?
È il professore egiziano dell’Università Cattolica di Milano e dell’American University del Cairo, Wael Farouq, qualche tempo fa, a chiarire questo aspetto sconosciuto ai molti. “Prima di parlare nel nome dell’Islam e di vietare i presepi nelle scuole per non offendere le altre religioni, i presidi dovrebbero chiedere ai musulmani quali siano i loro sentimenti nei confronti del Natale. Sono convinto che rimarrebbero molto sorpresi” ha spiegato in un suo intervento su vita.it il professore univeritario.
“La nascita di Gesù è un miracolo divino riconosciuto dai musulmani e, anche se non abbiamo la tradizione di celebrare questa ricorrenza in modo religioso, anche per noi è un momento sacro nella storia dell’uomo. Ritengo però che tutto questo background teologico non dovrebbe essere coinvolto nella discussione sul presepe e sulla celebrazione del Natale nelle scuole.
Il vero problema è l’integrazione per mezzo della “rimozione”: per integrare i musulmani, cioè, c’è chi pensa che si debba rimuovere la croce, o che per integrare gli omosessuali si debba aggredire la letteratura e la cultura della famiglia. È un modo di vedere ristretto e rigido che considera lo spazio culturale come uno spazio limitato, nel quale, a causa del ‘sovraffollamento’ di culture, si deve togliere un po’ di spazio a una per darlo a un’altra. Ma la natura dello spazio culturale umano è proprio quella di essere senza limiti. Invece di cercare cosa rimuovere, dovremmo cercare cosa aggiungere e come costruire ponti. Chi vieta i presepi probabilmente non sa che in Egitto, Tunisia, Marocco e nella maggioranza dei Paesi islamici si celebra la Natività, e numerose famiglie musulmane allestiscono l’albero di Natale nelle loro case. C’è una grande differenza fra religione e cultura. Se la religione è un credo che possiamo accettare o rifiutare, la cultura è il frutto del movimento delle società nella storia, una formula umana che non può essere separata dal cuore e dalla lingua” ha concluso Farouq.
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