Ben trovati Lettori! Quello che tratto oggi, come si evince dal titolo, riguarda il rapporto tra mente e corpo che, dopo quello testa e cuore, è il binomio più dibattuto.
Risulta innegabile un collegamento tra essi: tante sono le campagne ad esempio di promozione della attività fisica non solo in virtù dei suoi importanti effetti in termini “corporali”, come la diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari, ma anche per la sua benefica influenza sull’umore. Quello su cui vorrei soffermarmi è però la relazione inversa nella quale è la mente ad influenzare il nostro status fisico.
Da una indagine italiana dell’anno scorso è emerso come di fronte alla presenza dello psicologo accanto al medico di base, la reazione delle persone fosse stata di piacevole sorpresa. La frase più esclamata è stata: “Ecco mi ci vorrebbe più Lei – in riferimento allo psicologo – che Lui -riferito al medico generale-“. Con questo non intendo che lo psicologo debba soppiantare il medico! Ritengo invece che per il benessere dei pazienti in qualche caso sia necessaria una collaborazione tra figure professionali.
Non a caso esiste una branca della medicina e della psicologia clinica chiamata psicosomatica che nasce proprio con l’intento di valutare il collegamento psiche-somatico nei disturbi che affliggono i pazienti, in una ottica olistica, considerandoli un tutt’uno insomma. A titolo di esempio, malattie cardiovascolari come la fibrillazione atriale, sono risultate associate ad alcuni fattori di tipo psicologico, come una emotività molto elevata ma poco espressa; ancora, ci sono disturbi gastrointestinali che possono essere generati o quanto meno esacerbati da vissuti ansiogeni o stressanti.
Un altro caso interessante è la ipocondria: ci sono persone che temono di avere terribili malattie nonostante le analisi mediche sconfermino tale eventualità, e che puntualmente tornano a farsi dei controlli cercando rassicurazione, poiché percepiscono sintomi generati della loro ipervigilanza.
O ancora, pensiamo ai placebo: si tratta di sostanze che non hanno alcun effetto medico ma che sono “spacciate” come farmaci, vengono usate nei disegni di ricerca per validare l’efficacia di un trattamento. In pratica, per valutare se un farmaco è efficace, esso deve essere confrontato con una sostanza che funziona solo per il fatto di crederlo. Cosa c’è di più psicologico di questo!
Insomma, se ci convinciamo di avere qualche malattia fisica o di non saperla fronteggiare qualora davvero sopravvenga, rischiamo di influenzare negativamente il nostro stato di salute, in una sorta di profezia che si autoavvera. Ecco dunque il beneficio di avere uno psicologo per ogni reparto ospedaliero e non solo in psichiatria, così che venga preso in carico lo spirito del paziente, il quale convivendo con una patologia (di qualsiasi natura essa sia) nutre dei peculiari vissuti psicologici, che se elaborati e resi propositivi giovano al suo stato.
Una visione aperta e integrata di noi stessi, che considera il nostro essere fisici ma anche psichici e che invita a prendersi cura di entrambi gli aspetti, è quindi prescrivibile da qualsiasi professionista che si occupa di salute.
“La salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, e non la mera assenza di malattia” (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1948).
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