Preventivato il rosso nei conti AVS, ma è peggiorato rispetto al 2014. Aumenta la pressione sul Parlamento che sta discutendo la riforma “Previdenza 2020”
I contribuenti giovani sono sempre meno per pagare le pensioni di sempre più anziani. Lo sviluppo demografico con il continuo invecchiamento della società e le aspettative di vita più lunghe richiedono un’ampia riforma pensionistica, necessaria per affrontare il buco, stimato dal governo a 8.3 miliardi di franchi, che si formerebbe nell’AVS entro il 2030. Dunque non sorprende che anche nel 2015 le spese dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) sono state superiori alle entrate di 41,156 miliardi di franchi. Quest’ultime sono principalmente finanziate per circa l’80% tramite i contributi degli assicurati e dei datori di lavoro. Al restante 20% contribuiscono la Confederazione e i cantoni con i soldi pubblici delle entrate dell’imposta federale diretta, con l’1% dell’IVA e con le tasse sul tabacco, sull’alcool e sulle case da gioco. L’AVS chiude il 2015 con un risultato di ripartizione negativo di 579 milioni di franchi. È un netto peggioramento rispetto al 2014 con un deficit di 320 milioni e in confronto al 2013 quando l’AVS aveva ancora conseguito un risultato positivo di 14 milioni di franchi, come indicano i Fondi di compensazione AVS/AI/IPG (compenswiss). Se nel 2014 il rendimento degli investimenti del Fondo di compensazione AVS aveva evitato una perdita sul patrimonio con +1.752 miliardi, nel 2015 c’è stata una perdita di 237 milioni. Insieme agli interessi pagati dalla Confederazione sul debito dell’AI di 257 milioni, non hanno contribuito a rendere positivo il risultato dell’esercizio. Le cause delle perdite sugli investimenti, i responsabili le riconducono alle condizioni avverse dei mercati e all’abolizione del tasso di cambio con l’euro, che ha costretto compenswiss a spendere soldi per assicurare la valuta e anche per gli interessi negativi della Banca nazionale svizzera. Stabili invece i risultati di ripartizione dell’AI (+645 milioni) e delle IPG (+115 milioni).
Il dato negativo rilancia così il dibattito sul futuro del sistema pensionistico svizzero, mentre entro l’autunno 2016 il Consiglio nazionale si prepara a discutere la riforma “Previdenza 2020” proposta dal governo. Gli Stati hanno approvato, dopo alcune modifiche, la riforma che prevede il riorientamento coordinato del 1° e 2° pilastro (AVS e previdenza professionale), con l’innalzamento da 64 a 65 anni dell’età pensionabile per le donne, un finanziamento supplementare dell’1.5% dell’IVA (gli Stati chiedono l’1%) e la riduzione dell’aliquota di conversione dal 6.8% al 6%. L’obiettivo primario è l’attuale mantenimento delle prestazioni. La Camera alta chiede di aumentare per le rendite di 70 franchi (persone sole) e 220 franchi (coppie) al mese. Con le sue decisioni ha peggiorato le prospettive finanziare dell’AVS. Tuttavia la riforma promette solo una mitigazione temporanea. Dopo il 2030 l’AVS tornerà a registrare perdite e oltre “non si possono fare previsioni ragionevoli”, aveva spiegato al Consiglio degli stati il ministro della sanità Alain Berset. Non sarà facile trovare un compromesso tra gli opposti interessi in gioco. Il pacchetto di misure è sostenuto dalla maggioranza della popolazione, secondo un sondaggio del 2015 di Pro Senectute. Per il 57% degli intervistati il compromesso è equilibrato, ma dai risultati emerge che è cresciuto il disorientamento tra i giovani.
Gaetano Scopelliti