Uno studio rivela differenze significative tra persone con e senza passato migratorio
La partecipazione al mercato del lavoro è una condizione essenziale per l’integrazione nella società.
In Svizzera le persone con passato migratorio di prima generazione (in maggior parte nate all’estero) sono il 27,6% della popolazione residente permanente e quelle di seconda generazione (nate in Svizzera) sono il 7,1%, di cui solo lo 0,1% fa parte della terza generazione. L’Ufficio federale di statistica (UST) ha pubblicato uno studio che misura il grado d’integrazione della popolazione con sfondo migratorio. I dati rivelano che questo gruppo di persone svolge sovente un lavoro per il quale è troppo qualificato rispetto agli svizzeri senza radici straniere. I due gruppi si distinguono chiaramente anche nelle conoscenze di lingue nazionali. Gli stranieri nati in Svizzera usano abitualmente due idiomi nazionali.
Secondo il monitoraggio il 16.6% delle persone con passato migratorio occupa più sovente un posto di lavoro inferiore alle loro qualifiche, contro il 9.6% dei lavoratori senza radici straniere. La categoria più colpita con il 41.8% è quella dei cittadini provenienti dai paesi europei non membri dell’UE. La partecipazione al mondo del lavoro per svizzeri e stranieri (tasso d’attività vicino all’82%) e pressoché analoga, ma ci sono differenze sensibili su scala gerarchica. Il 30% dei migranti occupa una funzione dirigente contro il 35.5% di salariati svizzeri. Per quel che riguarda la ripartizione per professioni la seconda generazione o quelle successive sono spesso vicine agli svizzeri. In entrambi i gruppi, il 20% svolge una professione tecnica o intermedia, circa l’11% lavora come impiegato d’ufficio e di commercio, e poco più del 12% esercita un’attività di artigiano o operaio specializzato. Nelle “professioni non qualificate” invece la prima generazione è rappresenta con il 9.5% quasi il triplo rispetto agli altri gruppi.
Per quel che concerne la disoccupazione, la popolazione con passato migratorio (6.2%) è quasi tre volte più colpita rispetto a quella senza passato migratorio, mentre la seconda generazione presenta un tasso del 4.9%, secondo la definizione dell’Ufficio internazionale del lavoro (UIL). Un fattore essenziale per la riuscita d’integrazione è la conoscenza linguistica. Gli stranieri di seconda generazione parlano due o tre lingue nazionali. L’uso di due lingue si è registrato nel 28.7% e di tre lingue nel 6.3%. Questi dati sono da due o tre volte maggiori rispetto a quello della popolazione senza passato migratorio con il 12%, rispettivamente l’1,9%. A una sola lingua nazionale, come principale, ricorre il 70% della prima generazione, che dichiara nel 36.8% di aver bisogno di migliorare le conoscenze di una lingua nazionale per trovare un lavoro adeguato al proprio grado di formazione.