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22 November 2024
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STORIE di Gianni Farina

Milioni di magliette rosse nel segno dell’ accoglienza e della solidarietà

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“Io, tu.

Noi non ci stiamo.

Stiamo vivendo momento storico molto faticoso nel nostro paese. E confesso di essere molto preoccupato e indignato di fronte a certe affermazioni che non voglio nemmeno ripetere, fatte da persone che stanno governando il nostro paese.

Le affermazioni e le decisioni che stanno prendendo in questi giorni sulla situazione migratoria ledono la dignità della persona e risuonano come un macigno sulle nostre coscienze di cittadini e ancor più di cristiani.

Chi fa queste affermazioni ostenta tra le mani il vangelo, quel vangelo che per me è segno di accoglienza e non di rifiuto.

Così pure la costituzione nei suoi vari articoli punta sul valore della  dignità in quanto tale della persone, ma ciò che si dice nella concretezza di tutti i giorni è tutt’altra cosa.

Vorrei proprio che ci fosse una denuncia corale su questi soprusi alla persona, alla sua dignità in quanto tale, ai suoi diritti, non solo in Italia.

Ma fosse un coro mondiale, visto che nel mondo esistono molte altre situazioni di questo genere, prospettando anche percorsi di cambiamento e soluzione di queste questioni, evitando il silenzio che tutte le volte è sempre complice delle ingiustizie.

Non voglio entrare nelle questioni politiche o diplomatiche – sono poco competente- ma vorrei risvegliare le vostre coscienze ad essere più uomini di pace e di giustizia, cioè di coloro che stanno sempre sulla breccia perché desiderano che tutti possano vivere in una condizione di pace vera.

Tante volte anche la chiesa ci dice di pazientare, ma non è più tempo di farlo, bisogna alzarsi in piedi e far sentire la propria voce, essere come una sentinella se si vuole la salvezza e il bene delle persone.

Allora ancora una volta  l’invito è a non tacere ma ad esprimere la propria indignazione, a far sentire a chi guida il Paese che simili comportamenti non fanno altro che aumentare la tensione tra le persone.

Non è possibile chiudere i porti di fronte ai drammi di tanti esseri umani che rischiano la vita per cercare un futuro migliore.

Concludo con una nota che veramente mi fa male, fa male alla mia Patria, e cioè l’attenzione che ha sempre avuto alla forza incomparabile della solidarietà, che in questi ultimi tempi è invece considerata un crimine piuttosto che un valore da promuovere, io ribadisco che non ci sto.

Don Diego Fogni”.

Un cancro maligno italiano.

Un cancro maligno europeo. E forse, mondiale.

Iniziò Donald Trump in campagna elettorale, proponendo di erigere il muro tra il Messico e gli Stati Uniti. Detto. Fatto. Eletto presidente ha mantenuto la promessa data alla parte reazionaria del suo Paese.

Migliaia di piccoli messicani sono separati dai loro genitori, allontanati da una terra che fu, per lungo tempo, promessa.

È giunta l’ora di gridare in faccia al ministro della repubblica, Matteo Salvini, tutta l’indignazione di cui e capace la parte nobile e solidale del nostro Paese.

Lo ha fatto Don Diego Fognini.

Possiamo e dobbiamo farlo noi. Con o senza le magliette rosse che stanno colorando le piazze italiche nel segno della solidarietà e del ricordo per le migliaia di vittime che sprofondano, anche in questi giorni, per la chiusura dei porti e l’accecamento delle menti, nel fondo dell’abisso mediterraneo.

Salvini detesta la Merkel, la Cancelliere federale che ha saputo pronunciare la storica frase “Wir Schaffen das”, accogliendo e integrando nel tessuto sociale germanico, un milione di siriani fuggiti dal terrore della guerra.

L’Italia e l’Europa abbandonano i profughi africani immiseriti dalle lotte fratricide e nel frattempo gareggiano tra loro tra chi è il più becero capofila del tempo che viviamo.

Odia la Merkel, il ministro dell’interno italiano, ma ama, al contrario, il suo peggior nemico, quel bavarese Seehofer, amico del premier ungherese Orban, del cancelliere e del ministro degli esteri austriaci – inutile, pronunciare i loro nomi lordi di vergogna – e del polacco Kaczynski, vera guida suprema della nuova patria xenofoba polacca.

Chissà? Nel futuro prossimo potrebbero incontrarsi, tutti assieme, a Monaco di Baviera, forse nella stessa birreria in cui, nei primi anni trenta, si alzò l’urlo a difesa della razza ariana.

Che spettacolo! Ognuno della “democratica combriccola” afferma la chiusura delle proprie frontiere nazionali ai profughi.

Sono dei falsi amici con un unico e, purtroppo, serio obiettivo: ristabilire le frontiere nazionali distruggendo l’Europa.

Se accadrà, ancora una volta, la cattiveria umana avrà infranto il sogno.

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