Il boss diserta l’udienza prevista questa mattina, nel frattempo vengono fuori i primi nomi e si scopre un covo segreto
Dall’arresto di Matteo Messina Denaro le indagini non si sono più fermate e stanno coinvolgendo sempre più persone e luoghi che vengono setacciati da cima a fondo. In questo modo sono venuti fuori i nomi di Giovanni Luppino, Alfonso Tumbarello, rispettivamente l’autista e il medico del boss mafioso, e quello di Andrea Bonafede ovvero l’uomo che ha prestato generalità e identità al boss.
Gli uomini del boss
Per quanto riguarda Giovanni Luppino, l’uomo che ha accompagnato il boss Messina Denaro alla terapia il giorno dell’arresto, si è fortemente difeso affermando di non essere al corrente che si trattasse di lui: “solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss” ha dichiarato Luppino. Pare che l’autista del superlatitante, il 59enne Luppino, commerciante di olive, abbia sostenuto di non conoscere Messina Denaro, che gli era stato presentato come cognato di Andrea Bonafede, e di averlo accompagnato perché doveva sottoporsi alla chemioterapia. Il Gip Fabio Pilato ha convalidato l’arresto in flagranza di Giovanni Luppino e si è riservato di decidere sulla richiesta di custodia cautelare in carcere. Luppino risponde di procurata inosservanza della pena e favoreggiamento aggravati dal metodo mafioso.
Il medico Tumbarello, invece, avrebbe prescritto ricette mediche al suo assistito Andrea Bonafede, nome però utilizzato (tramite carta d’identità e tessera sanitaria) dal boss Matteo Messina Denaro per curarsi ed effettuare visite ed esami nelle strutture sanitarie. Alla difesa del medico di Mazara del Vallo è stato designato l’avvocato Giuseppe Pantaleo per il quale il suo assistito “è fiducioso nella magistratura e nelle forze dell’ordine affinché si accerti la verità. L’atteggiamento del dottor Tumbarello non credo possa essere diverso da chi intende dare chiarimenti che può e che è in condizioni di dare”.
Il reale Andrea Bonafede, l’uomo che ha ceduto l’identità al boss mafioso, invece, si è scoperto che conosceva il boss mafioso sin da piccolo. Anche il geometra Bonafede ha in famiglia persone legate agli ambienti mafiosi, ma lui ne è sempre stato distante, almeno fino allo scorso anno. Infatti, Andrea Bonafede ha spiegato agli investigatori e agli inquirenti che il primo contatto con Messina Denaro sia avvenuto proprio lo scorso gennaio a Campobello di Mazara. In quell’occasione, avrebbe ancora spiegato Bonafede, il boss gli chiese di acquistare l’abitazione in vicolo San Vito in cui poi ha vissuto fino al giorno dell’arresto.
I covi a Campobello di Mazara
In questo appartamento sito in una strada cieca che si affaccia su via Vittorio Emanuele a Campobello di Mazara, i Ris di Messina hanno rinvenuto oggetti di valore che mostrano un certo tenore di vita. Anche l’appartamento è “normale, ben ristrutturato, confortevole, da cui si comprende che le condizioni economiche del latitante erano buone”, ha dichiarato il comandante provinciale dei carabinieri di Trapani, Fabio Bottino.
Oltre a questo però, il superlatitante utilizzava un secondo covo, sito nella vicinanze dell’appartamento in cui viveva, all’interno del quale aveva fatto costruire un vero e proprio bunker nascosto dietro ad un armadio. È stato il proprietario dell’abitazione a fornire le chiavi per la stanza blindata. Qui sarebbero stati rinvenuti Gioielli, collane, bracciali e anche pietre preziose di dimensioni consistenti, ma ancora nulla di scritto.
Il boss non si presenta al processo
Nel frattempo nella giornata di oggi si sarebbe dovuto tenere il processo d’appello al boss, accusato di essere mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio all’interno dell’aula bunker, per la prima volta con l’imputato in presenza attraverso il collegamento video con il carcere de L’Aquila, dove Messina Denaro è detenuto, ma l’imputato ha rinunciato. Il boss avrebbe rinunciato a essere presente a causa della sua prima seduta di chemioterapia a cui viene sottoposto nelle stesse ore all’interno dell’istituto penitenziario. A quanto si apprende da fonti informate, sarebbe stata allestita un’apposita stanza non molto distante dalla sua cella dove Messina Denaro si sottopone alle cure. L’udienza è stata rinviata al 9 marzo “per consentire al difensore di essere presente”.
Quello che si domandano tutti è se sia possibile che Matteo Messina Denaro decida di collaborare con la giustizia, sarebbe una voce importante per diverse indagini, “è depositario di conoscenze sulla stagione stragista del ’92 e ’94 ancora oggi non sondate e sconosciute da altri collaboratori” spiega il procuratore generale di Caltanissetta, Antonino Patti, al termine dell’udienza del processo a Matteo Messina Denaro, “che collabori lo speriamo tutti, ma nessuno di noi può saperlo” conclude Patti.
Redazione La Pagina