La mostra-evento allestita nella Reggia di Venaria nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia racconta un secolo e mezzo di stile italiano riassunto in un affascinante itinerario che parte dal 1861 e arriva fino ai giorni nostri
Nella reggia della prima capitale d’Italia, 200 abiti raccontano la storia della moda dall’Unità a oggi: il nucleo principale è costituito dagli abiti della storica Fondazione Tirelli-Trappetti di Roma, ai quali si aggiungono i prestiti provenienti da prestigiosi musei e le creazioni dei grandi stilisti italiani contemporanei. Si tratta di abiti autentici, appartenuti a personaggi storici che con il loro stile hanno segnato un’epoca (Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, solo per fare due esempi), ma anche di abiti di scena, come le creazioni di Piero Tosi per Luchino Visconti, a cominciare dal vestito bianco di Angelica (Claudia Cardinale) nel “Gattopardo”. Ma ci sono anche l’abito di di Livia Serpieri (interpretata da Alida Valli) in “Senso”, il celebre e discusso “pretino” ideato dalle sorelle Fontana per Ava Gardner e poi reinterpretato da Piero Gherardi per Anita Ekberg (in “La dolce vita”), e le scarpe realizzate da Ferragamo per Marilyn Monroe. È un affresco della storia della moda italiana – anche se la definizione, come combinazione di antica tradizione artigianale e moderna industria, è veramente appropriata solo dal secondo Dopoguerra – inserito in uno spettacolare e magico gioco di specchi, frutto dell’allestimento di Michele De Lucchi, che rende il pubblico parte della scena e della storia. Due le macrosezioni in cui si sviluppa la mostra, che corrispondono ad altrettanti momenti diversi delle vicende della moda in Italia. Si parte con il periodo che va dalla nascita dello Stato unitario a quella della moda italiana, questa sezione è composta da abiti della collezione Tirelli-Trappetti di Roma, scelti dalla costumista cinematografica e Premio Oscar, Gabriella Pescucci. Qui viene raccontata la moda durante il Regno d’Italia (1861-1946) – una moda di alta qualità, ma non ancora configurata con un carattere nazionale, visto che atelier e sartorie continuavano a ispirarsi soprattutto alla Francia – e poi seguono anni Cinquanta e Sessanta, quando nasce e si afferma la “moda italiana”. Dall’abito da sera probabilmente appartenuto alla contessa di Castiglione si approda agli abiti di Pucci e delle sorelle Fontana, in quella che fu la gloriosa stagione della haute-couture degli anni Sessanta. Il secondo macro-affresco, curato dalla direttrice di Vogue Italia, Franca Sozzani, ha per oggetto i decenni successivi, dagli anni Settanta ai giorni nostri. Sono gli anni cruciali in cui nascono e si impongono nel mondo l’Italian style e il made in Italy che hanno modificato fortemente l’immagine del Belpaese e hanno reso la moda uno dei principali settori dell’economia italiana. Dalla svolta degli anni Settanta si arriva ad oggi e alle nuove generazioni di stilisti. Presenti tutti i grandi protagonisti dell’Italian style: tra gli altri, Walter Albini, Giorgio Armani, Valentino, Gianni Versace, Gianfranco Ferré, Krizia, Moschino, Dolce&Gabbana, Roberto Cavalli, Prada, Alberta Ferretti e Max Mara. Nomi illustri e noti ovunque, ognuno dotato di personalità e caratteristiche forti e differenti, accomunati e uniti dal gene dell’armonia. A decretare il loro successo hanno contribuito fattori geografici, storici e culturali, cui si unisce una grande sapienza artigianale. La flessibilità applicata all’inventiva, alla serialità, all’industria: ecco il salto in avanti che i grandi couturier italiani hanno fatto compiere alla moda. Tutti hanno saputo fondere tra loro i concetti di moda, denaro e tempo. Hanno codificato lo stile, creato convenzioni semantiche e temporali, hanno inciso sul gusto e ull’economia del nostro Paese. Sono stati capaci di intuire i cambiamenti sociali quando ancora erano soltanto abbozzati e non espliciti, traducendoli in oggetti quotidiani. Ora, dopo quattro decenni, il contesto è cambiato. Dietro i grandi nomi si stanno facendo largo giovani stilisti, ai quali si chiede di tener fede allo stile originale, arricchendolo con il contributo della propria visione. La mostra, realizzata dal Consorzio La Venaria Reale e dal Comitato Italia 150-Esperienza Italia, con la Fondazione Tirelli-Trappetti; chiuderà il prossimo 8 gennaio.