Il nuovo governo parte con il vento in poppa di una maggioranza parlamentare larghissima e di una interessata attenzione internazionale
Il governo Monti, forte di una larghissima maggioranza parlamentare sia al Senato che alla Camera – solo la Lega e qualche singolo parlamentare del Pdl non gli ha dato la fiducia – gode di uno straordinario vento a favore, sia in Italia che all’estero, ma il cosiddetto spread tra Btp italiani e titoli tedeschi resta sempre altissimo. Lo spread elevato era stato la spada brandita sulla testa di Berlusconi con un allarmismo da baratro per le sorti dell’Italia, tale da provocare lo strappo di un drappello di deputati e la minaccia di una scissione da parte di un gruppo di senatori, costringendolo alle dimissioni, ma appena il nemico si è dimesso e il nuovo governo lo ha sostituito, lo stesso spread, malgrado sia sempre elevatissimo, è stato cancellato dai giornali e dal dibattito politico. Qualcosa non torna. Intendiamoci, il fatto che ci sia stata una svolta nella guida del governo è un fatto positivo, e il primo ad averlo capito è proprio Berlusconi quando ha spiegato che se non avesse dato le dimissioni – anche con la maggioranza assoluta più o meno risicata – sarebbe stato il capro espiatorio di una crisi che non è italiana, è internazionale e che non solo non finirà presto (Merkel parla di dieci anni), ma non si sa nemmeno come finirà. L’altro aspetto strano della crisi del governo Berlusconi ce l’ha fornito lo stesso neo ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, dal 2002 alla guida di Banca Intesa, quando ha chiesto all’ex ministro degli Interni, Roberto Maroni, come mai non avevano resistito visto che lui al ministero ha trovato “tutti i provvedimenti già pronti”. A voler continuare con le stranezze, c’è da ricordare anche il “pizzino” di Enrico Letta a Monti nel quale Bersani e il Pd si offrono, senza apparire, per consigli e nomine, a dimostrazione di come sia stata una crisi molto pilotata e di come la lottizzazione sia in piena attività. D’altra parte, non è un mistero che al governo la stragrande maggioranza dei tecnici provengono dall’area di sinistra, seppure dal mondo delle banche, dell’industria e delle professioni.Ma come abbiamo scritto la settimana scorsa, il passato è passato e bisogna guardare al futuro che, sul piano economico e su quello politico, è ancora incerto. Sul piano economico, perché la crisi non è sparita con il nuovo governo in Italia e non sparirà con il cambio di governo né in Grecia, né in Spagna e neppure altrove in futuro. L’assalto della speculazione è sempre poderoso e ad essere presi di mira non ci siamo solo noi e gli spagnoli, ma anche i francesi, secondo una strategia che mira a far saltare l’euro. Monti avrà il compito di completare ciò che non è riuscito a realizzare Berlusconi sotto il fuoco incrociato di coloro che in realtà le riforme non le hanno volute in passato e cercheranno di svuotarle anche in futuro. È questo il vero pericolo dello stesso Monti, che è debole perché il suo è un governo nato sull’onda dell’emergenza, ed è contemporaneamente forte perché per fare le riforme può contare di volta in volta su una maggioranza in parte mutevole, ma pur sempre maggioranza, nel senso che quello che non va bene al Pd può andare bene al Pdl e viceversa. L’importante è che ci siano i numeri a sostenerlo. Se è comprensibile il sostegno del Pd – che tra l’altro ha una fascia interna contraria proprio in quanto il governo Monti è visto come tecnocrate e distante dai lavoratori e dai sindacati, specie per quanto attiene alla riforma del lavoro e delle pensioni – non era scontato quello dell’ex maggioranza. Se Bossi ha preferito l’opposizione per riorganizzare le sue truppe, come ha detto lui stesso, il Pdl e Berlusconi in prima persona sono diventati il maggior sponsor di Monti. Per vari motivi. Primo, perché l’ex premier ha messo in primo piano l’interesse dell’Italia e non quello personale. Secondo, perché ha chiesto a Monti di fare quelle riforme che lui non è riuscito a fare e dunque quello di Monti, a suo giudizio, sarà un governo di continuità con quello precedente che come ultimo atto ha ottenuto la maggioranza proprio sulle misure chieste dall’Europa. Terzo, perché a Berlusconi, che ha dichiarato di voler raddoppiare l’impegno politico per battersi anche in seconda fila per un’Italia nuova e liberale, conveniva e conviene non andare alle elezioni per riorganizzare il Pdl che rischia di perdere pezzi importanti. Quarto – e ci fermiamo qui solo per ragioni di spazio – perché spera che il governo Monti, oltre a prendere misure necessarie e impopolari per modernizzare l’Italia, offra un periodo di pacificazione tra le forze politiche che in questi anni trascorsi hanno dato il peggio di sé. Riannodate le fila di un rapporto internazionale nuovo (compito che sarà iniziato già al momento dell’uscita di questo giornale), davanti a Monti si apre la prospettiva dei provvedimenti che ridiano fiato e solidità all’economia. Monti ha detto che lui non ha mai parlato di “lacrime e sangue” ed è vero, ma, pur accompagnando le misure da prendere con la parola equità, dovrà chiedere sacrifici agli italiani. La cosa fondamentale è una sola: non deve guardare in faccia a nessuno e fare quello che è necessario fare, altrimenti, se non raggiungerà gli scopi per cui è nato questo governo, vorrà dire che sarà stato un fallimento. E di tutto abbiamo bisogno, tranne che di questo. [email protected]