E tuttavia se quell’interrogativo non aveva senso da parte di un membro del governo, è proprio sicuro che in sede di dibattito politico non sia giustificato? La comunità internazionale allorché s’impegna per l’affermazione o il ritorno della democrazia in un Paese dove essa viene calpestata dà nobiltà alla politica, per cui una missione che nasce sotto l’egida di quest’idea, come di quella della pace e della cooperazione tra i popoli, non può non suscitare l’approvazione se non di tutti almeno di coloro che si riconoscono in questi principi. Il che implica anche un prezzo, che non è sempre e solo economico. Nel caso di una missione militare, bisogna mettere in conto anche la perdita di vite umane. Ciò detto, però, bisogna sempre verificare la convenienza – anche morale – degli scopi per cui si va in missione. Vogliamo dire che le notizie che giungono da Kabul non sono incoraggianti.
Di notizie ce ne sono due. La prima è che proprio in questi giorni il generale Petraeus è giunto nella capitale afgana ed ha preso il comando della forza multinazionale. Presumibilmente ci sarà nei prossimi mesi un’offensiva degli alleati contro i talebani fondamentalisti alleati dei terroristi di Al Qaeda per vincere una guerra che sta durando da troppo tempo. In un’offensiva militare, si sa, i soldati rischiano di morire. L’altra notizia, rivelata dal Wall Street Journal, è che negli ultimi tre anni sarebbero stati portati fuori dal Paese circa 3 miliardi di dollari, una somma che in realtà è molto al di sotto di quella reale. In poche parole, politici e funzionari di governo e delle istituzioni portano all’estero – in genere negli Emirati Arabi – ingenti somme di danaro frutto di ruberie varie. È vero che il vice presidente e un fratello di Karzai hanno negato di essere tra la schiera dei corrotti e dei corruttori, ma è anche vero che non potevano dire il contrario. Fonti americane sostengono che ci sono somme dichiarate alla frontiera, ma che quelle non dichiarate sono molte di più, dunque il traffico è enorme. Funzionari della Nato non escludono che i fondi destinati ai progetti di cooperazione finanziati dall’Occidente ritornano per vie traverse in Occidente, sui conti di privati.
Se è così – e che la corruzione alligni a tutti i livelli nella classe politica dirigente dell’Afghanistan è fuor di dubbio, tanto è vero che gli Usa hanno perentoriamente invitato il presidente Karzai a fare qualcosa contro la corruzione – allora quell’interrogativo con cui abbiamo aperto ha la sua drammatica validità. Diciamolo con maggior chiarezza: vale la pena di spendere soldi e di mandare soldati a morire per un Paese la cui classe dirigente si preoccupa più di rubare che di creare le condizioni per una società migliore? Gli americani, che in Afghanistan hanno decine di migliaia di soldati, sono decisi ad andare avanti per vincere la guerra contro i talebani fondamentalisti e i terroristi, ma si stanno contemporaneamente chiedendo com’è possibile vincere con un partner che pensa solo ad arricchire amici e parenti. Decisamente, a queste condizioni morire per Kabul non vale la pena.