Il neopresidente dell’Egitto da fondamentalista è costretto a fare il moderato per prudenza e convenienza
Quattro ministri degli Esteri di altrettanti Paesi membri dell’Ue – Giulio Terzi per l’Italia, la cipriota Erato Kozakuo-Marcullis, il greco Dimitris Avramopoulos e il maltese Tonio Borg – hanno incontrato il neo presidente dell’Egitto, Mohammed Morsi, il quale ha loro esposto una sua ipotesi di soluzione della crisi siriana. Morsi, in sostanza, suggerisce di fare pressioni, insieme a Iran, Arabia Saudita e Turchia, su Bashar Assad, affinché quest’ultimo accetti l’esilio sicuro in un Paese arabo disposto ad accoglierlo garantendo a lui e alla sua famiglia ogni sicurezza.
Non è possibile dire se la proposta di Morsi farà strada. Finora, nei Paesi dove c’è stata la rivolta (Egitto, Tunisia, Libia), Mubarack non è fuggito, si è dimesso ed è rimasto in Egitto, salvo poi essere arrestato in seguito a pressioni popolari e a giochi di potere. Gheddafi anche è rimasto, malgrado abbia ricevuto anche lui proposte di esilio dorato, scegliendo deliberatamente di restare e difendere sé, i suoi familiari e coloro che lo sostenevano anche a costo di morire (e poi, infatti, lo hanno ammazzato). Solo Ben Ali ha resistito finché ha potuto e poi, prima che la situazione precipitasse, si è rifugiato in un Paese arabo, dove tuttora vive. Cosa farà Assad? Difficile dirlo, anche perché malgrado la Siria si stia sgretolando con una guerra civile sanguinosa e feroce, tra lui e gli oppositori non si saprebbe davvero cosa scegliere. Dunque, non imbarchiamoci in previsioni che non ci competono e non c’interessano più di tanto. Analizziamo il ruolo di Morsi, invece, che è al potere in Egitto da qualche mese appena e che sta dimostrando un attivismo che si presta a molte letture. Egli, come si sa, rappresenta i Fratelli Musulmani, un partito islamista che in genere è caratterizzato dall’obbedienza al Corano e alla Sharia, cioè la legge coranica. Non incarna una prospettiva democratica o liberale, tutt’altro, e già i primi segni si vedono dalla ripresa dal modo come sono trattate le donne, dal velo nelle scuole e in tv. Ma ora rappresenta l’opposizione vincente a Mubarack e, pur emergendo chiara la sua linea fondamentalista, cerca di rassicurare tutti, Usa e Pesi arabi, i militari e la parte dei rivoltosi che con lui hanno fatto la rivoluzione in quanto liberali ma che sono scettici sulla direzione che ha impresso al Paese.
Cosa ha fatto Morsi? Ha decapitato con una promozione simbolica la vecchia guardia militare, con in testa il generale Tantawi e il suo gruppo di potere, ed ha favorito il cambio di generazione all’interno dell’esercito facendo un nuovo patto di potere con i nuovi capi. In sostanza, prima a comandare era Mubarack che si era servito dei militari che lo proteggevano in cambio di potere; ora è esattamente la stessa cosa, solo con nuovi generali e con una nuova rappresentanza politica, incarnata, appunto, dai Fratelli Musulmani. In sostanza, è cambiato solo il potere politico che è passata dai musulmani-laici ai musulmani fondamentalisti, anche se per ora, come detto, mantengono una linea moderata per prudenza.
Anche se lui personalmente non ha un carattere dittatoriale, ma dialogante, tuttavia è lì perché gli islamisti gli hanno dato il voto e manterrà il potere a condizione che la linea sia non più laica ma religiosa. D’altra parte, non può inimicarsi gli Usa che ne hanno favorito l’ascesa e che gli garantiscono qualche miliardo di dollari di contributi, ma nemmeno sarà disponibile a fare i loro interessi, anche perché i suoi sostenitori non glielo permetterebbero.
Con Morsi, l’Egitto aspira a dire la sua nel Medio Oriente e a giocare un ruolo da protagonista, contendendolo alla Turchia e all’Iran. Di qui, la proposta di consultazione sulla soluzione della crisi siriana. Nello stesso tempo, dovrà barcamenarsi anche con Israele: il dialogo che c’era quando comandava Mubarack non sarà più della stessa apertura, ma nemmeno può rompere, sotto pena di irritare gli americani per i motivi prima elencati.
Infine, Morsi, come ha osservato il moderato El Baradei, sta concentrando, pur con rassicurazioni e salamelecchi vari, tutto il potere nelle sue mani, distribuendo nomine e incarichi di potere soprattutto a quelli della sua parte, approfittando anche dell’annullamento delle elezioni politiche e quindi di un Parlamento che non c’è e che quando sarà eletto, avrà sicuramente la maggioranza della Fratellanza Musulmana.. In Egitto si è parlato della rivoluzione tradita, e forse è vero. E’ probabile che fra qualche anno gli egiziani si renderanno conto che quello della democrazia era solo un sogno.