Giù le mani dall’Unità d’Italia. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano interviene in modo deciso sulle polemiche politiche e storiografiche che accompagnano l’avvicinarsi del 150esimo anniversario del processo che portò all’unificazione della nazione. “Bisogna reagire – ha detto il Capo dello Stato – all’eco che suscitano in sfere lontane da quella degli studi più seri i rumorosi detrattori dell’unità italiana”. Bando, quindi, alle ricostruzioni di parte: “Con l’avvicinarsi del centocinquantenario si vedono emergere, tra loro strettamente connessi, giudizi sommari e pregiudizi volgari su quel che fu nell’ottocento il formarsi dell’Italia come Stato unitario, e bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo intimidatorio, del lungo cammino intrapreso dopo il cruciale 17 marzo 1861. C’é chi afferma con disinvoltura che sempre fragili sono state le basi del comune sentire nazionale, pur alimentato nei secoli da profonde radici di cultura e di lingua; e sempre fragili comunque le basi del disegno volto a tradurre elementi riconoscibili di unità culturale in fondamenti di unità politica e statuale.
E c’è chi tratteggia il quadro dell’Italia di oggi in termini di così radicale divisione, da ogni punto di vista, da inficiare irrimediabilmente il progetto unitario che trovò il suo compimento nel 1861.
Non si deve sottovalutare – ha aggiunto Napolitano – la presa che può avere in diversi strati dell’opinione pubblica questa deriva di vecchi e nuovi luoghi comuni, di umori negativi e di calcoli di parte”. In realtà, per il Presidente della Repubblica, “pur ardui che siano gli sforzi da compiere, non c’è alternativa al crescere insieme, di più e meglio insieme, Nord e Sud, essendo storicamente insostenibili e obbiettivamente inimmaginabili nell’Europa e nel mondo d’oggi prospettive separatiste o indipendentiste, e più semplicemente ipotesi di sviluppo autosufficiente di una parte soltanto, fosse anche la più avanzata economicamente, dell’Italia unita. Tutte le tensioni, le spinte divisive, e le sfide nuove con cui è chiamata a fare i conti la nostra unità, vanno riconosciute, non taciute o minimizzate, e vanno affrontate con il necessario coraggio”.
Napolitano ha indicato “il tema del più grave dei motivi di divisione e debolezza che hanno insidiato e insidiano la nostra unità nazionale: mi riferisco ovviamente, alla divaricazione e allo squilibrio tra Nord e Sud, alla condizione reale del Mezzogiorno. Anche le analisi più recenti hanno confermato quanto profondo resti, per molteplici aspetti, il divario tra le regioni del Centro-Nord e le regioni meridionali, al di là delle pur sensibili differenziazioni che tra queste ultime si sono prodotte. E oggi meritano forse una riflessione formule, come quella, per lungo tempo circolata, della “unificazione economica” che avrebbe dovuto seguire e non seguì alla “unificazione politica” del Paese; s’impone un approccio meno schematico, più attento alle peculiarità che possono caratterizzare lo sviluppo nelle diverse parti del Paese, e ai modi in cui se ne può perseguire l’integrazione riducendo il divario tra i relativi ritmi di crescita. Si impone un approccio più attento a tutte le molteplici componenti di un aggravamento della questione meridionale che ha la sua espressione più evidente nel peso assunto dalla criminalità organizzata.
E nell’allargare e approfondire l’analisi, si incontra il nodo di una crisi di rappresentanza e direzione politica nel Mezzogiorno che è stata fatale dinanzi alla prova dell’autogoverno regionale”.
Per il Capo dello Stato “c’è da chiedersi quanto, da alcuni decenni, questo patrimonio di valori unitari si sia venuto oscurando – anche nella formazione delle giovani generazioni – e come ciò abbia favorito il diffondersi di nuovi particolarismi, di nuovi motivi di frammentazione e di tensione nel tessuto della società e della vita pubblica nazionale.
E non possiamo sottovalutare i rischi che ne sono derivati e che ci si presentano oggi, alla vigilia del centocinquantenario dell’Unità. È indispensabile un nuovo impegno condiviso per suscitare una ben maggiore consapevolezza storica del nostro essere nazione e per irrobustire la coscienza nazionale unitaria degli italiani”.