Dal presidente degli Usa, Barack Obama, è stato definito “uno dei più grandi eroi americani”
Obama ha parlato di un “eroe” e forse mai definizione fu più appropriata, perché Neil Armstrong, il primo uomo a toccare il suolo lunare, lasciandovi impressa un’orma che resterà lì per centinaia di migliaia di anni, eroe lo è stato per davvero. Divenuto ingegnere aeronautico a 25 anni, entrò alla Nasa nel 1955. Era un tecnico di alto livello, ma anche un appassionato di voli ed aveva un grande spirito di avventura.
Quando fu scelto per la missione di Apollo 11, che doveva portare per la prima volta l’uomo sulla Luna, Neil Armstrong fu uno dei tre, e non fu scelto a caso. Qualche anno prima, aveva fatto parte dell’equipaggio di Gemini, che doveva preparare Apollo 11. Ebbene, ad un certo punto la piccola astronave, prima di atterrare, cominciò a girare su sé stessa e fu solo grazie al sangue freddo di Armstrong che fu possibile bloccarla in quella folle giravolta e arrivare al suolo. Fu l’abilità e la competenza di quel giovane ingegnere che sorrideva raramente che lo fecero scegliere tra tanti altri candidati ad entrare nello spazio e nella storia. D’altra parte, anche prima di toccare il suolo lunare ci furono dei problemi. Il primo fu che il luogo scelto per l’allunaggio si rivelò essere il fianco di un cratere roccioso, quindi fu necessario trovare un punto migliore se non si voleva restare intrappolati sul nostro satellite. Il secondo fu che intervennero complicanze tecniche ai motori e fu ancora lui, Neil Armstrong, con la sua serietà, con il suo sangue freddo, con la sua competenza, a risolverle. Era un ingegnere, un pilota di quelli che a seimila chilometri all’ora s’innalzava in voli sperimentali con velivoli appena collaudati, dunque toccava a lui far fronte all’imprevisto.
Quando il padre gli chiese se aveva un po’ di paura ad affrontare quel viaggio con quell’astronave la cui tecnologia era di molto inferiore a quella di un qualsiasi telefonino di oggi, Neil Armstrong rispose: “Papà, in Corea mi sono alzato in volo ottanta volte e mi sparavano da tutte le parti. Adesso non c’è nessuno che punti le mitragliatrici contro di me. Lo spazio è libero, e questa è un’impresa preparata e studiata, non un’avventura”. E invece un’avventura lo era, eccome, anzi, era un’avventura nell’avventura. La prima avventura era la sfida tra Usa ed Urss, tra due mondi, quello comunista e quello occidentale, che avevano ingaggiato una gara a chi avesse la supremazia tecnologica, visto che quella economica non ammetteva sfide. In Urss i negozi erano vuoti, negli Usa pieni; in Urss c’era la dittatura, negli Usa la libertà; in Urss si stava male, negli Usa si stava bene. Ma l’Urss aveva costretto scienziati di ogni ramo a dispiegare tutta la loro competenza e fantasia per ingaggiare una corsa verso la conquista dello spazio, anche a costo di affamare la popolazione, e gli sforzi l’avevano portata ad un passo dal successo. Anzi, dapprima fu una cagnetta a girare attorno al mondo, poi, il 12 aprile 1961, fu un uomo, Jurij Gagarin, a restare in orbita nello spazio e a ritornare sano e salvo. Era un vantaggio, che chi riteneva, a giusta ragione, di essere la prima potenza mondiale doveva assolutamente annullare.
Ecco un brano del discorso del presidente John Kennedy, un paio di anni prima di essere assassinato a Dallas: “Credo che questo Paese debba impegnarsi a realizzare l’obiettivo, prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra. Non c’è mai stato nessun progetto spaziale più impressionante per l’umanità…”. La sfida fu lanciata e fu vinta il 20 luglio del 1969.
Pochi seppero che si trattava anche di una seconda avventura. Armstrong stesso confessò, anni dopo, che “nessuno di noi era pronto per la missione”, che giunse solo dopo 20 minuti di orbita nello spazio. Lui stesso, certamente insieme a tutti gli altri dell’equipaggio e del team degli scienziati e dei tecnici, sapeva che c’era il 50% di probabilità che la missione avesse successo. Chi ha visto Apollo 11, andato in pensione dopo quella storica missione ed anni fa esposto nel Museo delle comunicazioni a Lucerna, non riesce a capacitarsi come un ammasso di ferraglia e di tubi abbia potuto portare l’uomo sulla Luna e farlo ritornare sulla Terra. Neil Armstrong e Buzz Aldrin sulla Luna ci hanno vissuto, seppure brevemente, mentre Michael Collins si trovava nel modulo che girava attorno al satellite, in attesa del riaggancio e del ritorno.
Furono in tanti a mettere in dubbio quella missione, dissero che era tutta una montatura girata nel deserto americano che riproduceva la superficie lunare, ma come nacque così il dubbio scomparve, perché non si poteva bluffare con 800 mila persone che lavoravano per la Nasa e che, a vario titolo, avevano partecipato alla missione.
Neil Armstrong, dopo aver toccato il suolo lunare, disse quella famosa frase: “Un piccolo passo dell’uomo, ma un balzo gigantesco dell’umanità”. Armstrong è morto a 82 anni, in seguito ad una difficile operazione al cuore. Anche la morte, quella di Armstrong e quella di ognuno di noi, è a suo modo un viaggio, un balzo, un grande balzo nello spazio infinito del mistero.