Per decenni il Sud Africa è stato il simbolo dell’apartheid: la stragrande maggioranza della popolazione di colore discriminata da una minoranza bianca al potere, saldamente in mano al partito nazionalista. Simbolo della discriminazione subìta è stato Nelson Mandela, per quasi tre decenni in carcere. Durante il periodo buio, due personaggi furono insigniti del Premio Nobel per la Pace: Mandela, appunto, e Desmond Tutu, primo arcivescovo nero del Sud Africa. Poi, nel 1994, la fine dell’apartheid, per fortuna senza spargimento di sangue, con Nelson Mandela che passa dal carcere al potere, esercitato nel nome della non violenza, del dialogo e della democrazia. Questo Paese, così duramente provato durante l’apartheid, dovrebbe avere gli anticorpi ben allenati contro le discriminazioni e invece, purtroppo, non sembra sia così. Uscito di scena da tempo Nelson Mandela, per età avanzata, il potere è ora nelle mani di Jacob Zuma, leader dell’Anc, eletto due anni fa. Uomo di colore e democratico riconosciuto, Zuma, all’indomani della sua elezione, si contraddistinse per un atto illiberale: vietò l’ingresso nel Sud Africa al Dalai Lama, il leader religioso tibetano, insignito a sua volta del Premio Nobel per la Pace. Motivo: ordine della Cina che pose come condizione agli investimenti nel Sud Africa l’ostracismo al Dalai Lama.Questi gli antefatti. La storia si sta ripetendo. Occasione è l’ottantesimo compleanno di Desmond Tutu, ai cui festeggiamenti, oltre che al Dalai Lama, sono stati invitati Jimmy Carter e Kofi Annan. Per il Dalai Lama non c’è stato nulla da fare. Un nuovo ordine cinese è stato prontamente eseguito da Zuma, con grande disappunto di Tutu che ha dichiarato: “Il governo è determinato a non fare nulla che possa far arrabbiare la Cina. Mi ritrovo in un Paese peggiore che ai tempi dell’apartheid”. A nulla sono valsi i moniti dell’arcivescovo in pensione, che ha messo in guardia il presidente Zuma dal sentirsi forte di una larghissima maggioranza. “Anche Mubarack”, ha detto, “ce l’aveva. Anche Gheddafi. Un giorno pregheremo per la caduta di un governo che non ci rappresenta più”.Niente, il potere è rimasto sordo. Evidentemente i mezzi tecnologici non hanno insegnato nulla ai cinesi e a chi calpesta i diritti umani e civili. Il Dalai Lama dialogherà con l’arcivescovo in video conferenza, ridicolizzando così i divieti che sicuramente amplificheranno la notizia che – non ci vuole molto a immaginarlo – si ritorcerà contro chi i divieti li ha emessi o eseguiti.
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