La scalata del sindaco di Firenze al vertice del partito ostacolata da un rassemblement formato da tutti i capicorrente. Il leader fiorentino: “Con me giocano al tiro al piccione”. D’Alema: “Fa la vittima”
Entra nel vivo la battaglia congressuale del Pd. La battaglia è Renzi contro tutti o, se si vuole, tutti contro Renzi. La chiave di lettura è tutta nei timori espressi a voce alta del sindaco di Firenze e nelle citazioni dei protagonisti.
Ecco un assaggio dei sentimenti in campo. Renzi: “La tentazione di non candidarmi alla segreteria non è mai stata così forte come oggi. Un mese fa, quando ripetevo che quell’incarico non era nelle mie corde, non c’era nessuno che mi dicesse di fermarmi. Erano tutti renziani. Adesso invece eccoli là, tutti di nuovo coalizzati contro di me”. Da circa un anno Matteo Renzi ha lanciato la sfida al Pd chiedendo la rottamazione di molti membri del gruppo dirigente, quelli che sono sulla breccia da trenta e passa anni e che sono l’ostacolo, diceva Renzi, al rinnovamento. Poi, dopo la fase della rottamazione, quella della sfida persa contro Bersani, ma molto onorevolmente. Se avessero partecipato i simpatizzanti, disse allora Renzi, avrei vinto, come avrei vinto con il 40% le elezioni politiche mettendo in un angolo Beppe Grillo. Come si sa, il Pd è stato primo senza essere vincitore, per cui, dopo il tentativo fallito di Bersani, e dopo la formazione del governo delle larghe intese che inizia a scricchiolare, ecco di nuovo che Renzi è tornato alla carica proponendosi come il futuro premier del centrosinistra. Ma si sa che Renzi è considerato l’uomo nuovo sì, ma di riserva. Nel Pd, insomma, è forte il nucleo pidiessino, che punta sull’uomo nuovo a condizione, però, che mantenga l’anima del vecchio partito, cosa che contrasta con la visione innovativa di Renzi che mal sopporta i riti e i miti della vecchia sinistra. Renzi, insomma, non vuole fare il segretario del partito, punta direttamente alla premiership del governo. Quando ci fu la sfida contro Bersani pretese che il segretario del partito fosse distinto dalla candidatura a premier, ora pretende che siano coincidenti, perché a lui, in fondo, come detto, la segreteria del partito non interessa, gl’interessa il governo dell’Italia.
Continua Renzi: “In privato tutti mi dicono: ‘Matteo, stai buono, ti facciamo fare il candidato premier. Stai buono che poi tocca a te’. Insomma, un bambino bizzoso cui si promette la caramella se non piange. Signori, conosco il giochino. Ho chiesto al traghettatore di fissare la data del congresso. Non ho ricevuto per il momento nessuna risposta. Mai come oggi sono tentato dal non candidarmi”.
Renzi giudica la situazione all’interno del Pd con un sarcasmo degno di un D’Alema: “Ragazzi”, dice ai suoi, “su con la vita, una caratteristica ce l’ho ancora. Sono sempre quello che mette d’accordo tutti. Da Bersani a Franceschini, da D’Alema a Fioroni. Eccoli che si sono rimessi tutti d’accordo… contro di me”. Poi la battuta finale: ”I capicorrente romani prediligono lo sport del tiro al piccione. E io, sinceramente, non ho voglia di fare il piccione”. Ecco, questa è “la parte” di Renzi.
Ed ora quella degli avversari, da cui viene fuori che Renzi, quando parla di tiro al piccione, sostanzialmente non ha torto. Nessuno scopre i suoi giochi, tutti si nascondono dietro le battute. Rosi Binti: “Renzi piccione? Semmai una colombina…”. Il più sferzante è Pierluigi Bersani: “Per carità, tenetemi lontano dai piccioni”. Beppe Fioroni: “Renzi sbaglia a paragonarsi ai piccioni. Sono animali che fanno branco, si muovono sempre assieme, sono una grande famiglia e attecchiscono facilmente. Inoltre, chi li vuole eliminare è punito penalmente”. Quella del branco è una metafora che rispecchia il modo di essere del Pd, partito non di solisti, ma di massa. Infine D’Alema: “Renzi ha sempre detto che vuole essere il leader del centrosinistra. Aspetti dunque le primarie per eleggere il candidato del centrosinistra e ci consenta di eleggere il segretario del Pd”.
Come si vede dalle “risposte” a Renzi, gli avversari sono tanti. Il guaio è che si stanno tutti coalizzando contro di lui. D’Alema aveva rotto con Bersani quando questi si era intestardito ad aspettare mesi pur di ricevere un sì da Beppe Grillo, ma ora, tramite Epifani (“il traghettatore”) ha ristabilito il dialogo con i bersaniani e con il loro leader. Franceschini e Fioroni teoricamente potrebbero essere dalla sua parte in quanto provenienti tutti dalla Margherita, ma Fioroni è stato chiaro quando ha fatto allusione al branco: non c’è posto per solisti nel Pd. Renzi, allora può contare su Fassino, su Serracchiani, su Tonini, ma se il segretario lo elegge il Congresso, cioè gl’iscritti, allora per Renzi suonano le sirene, tanto più che se non addiviene ad un compromesso è già spuntata l’idea per fermarlo o, quantomeno, per “dimezzarlo”. Il grande “rassemblement” contro Renzi potrebbe presentare una serie di nomi come candidati: Cuperlo, Fassina, Pittella, Civati. Perché tanti? Così i voti sarebbero divisi, quindi nessun candidato, in caso di primarie di soli iscritti per il segretario, raggiungerebbe il 50%, quindi verrebbe eletto al secondo turno, magari con una percentuale ridotta, un modo per sminuirlo, appunto. Intanto è scontro aperto tra il leader fiorentino e D’Alema, che lo accusa di fare la vittima e di cambiare spesso idea. Anche Franceschini lo attacca: “Pensi solo a te stesso”.
Ma il congresso è lontano, i giochi sono solo all’inizio.