Se il Comune approva in via definitiva un piano di recupero, la cessione dei fabbricati che gravano in quell’area, non può essere ricondotta alla cessione di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, e conseguentemente non può essere tassata la plusvalenza (Agenzia delle Entrate circolare 23 del 29.07.2020). La stessa norma prevede che venga calcolata una plusvalenza nel caso in cui il terreno sia gravato da un fabbricato acquistato da meno di cinque anni. L’indirizzo giuridico in passato adottato dall’Agenzia delle Entrate sosteneva che la cessione di fabbricati compresi nei piani di recupero erano riconducibili alla fattispecie di terreno edificabile.
L’Agenzia rafforzava la propria convinzione in base al prezzo della compravendita, che magari era in linea con quello delle aree edificabili piuttosto che con quello di fabbricati fatiscenti. L’agenzia delle Entrate però cadeva in contraddizione quando ai fini delle imposte indirette applicava le imposte previste per le cessioni di fabbricati e non di terreni edificabili. La Corte di Cassazione, con sentenza n°5088 del 21.02.2019, ha stabilito che la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione di un terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto di terreno su cui grava. Tanto meno può essere qualificata come cessione di un’area anche nel caso di un patto di demolizione dell’edificio e della sua ricostruzione. Pertanto secondo la suprema Corte, se su di una area grava un fabbricato di qualsiasi natura, deve essere considerata già edificata, quindi non può essere classificata come area “suscettibile di utilizzazione edificatoria” tassabile ai sensi dell’Art.67 del Tuir, viene meno anche la plusvalenza se l’immobile appartiene al venditore da oltre cinque anni, anche se l’unità immobiliare è collabente (un rudere).