Si tratta dell’ennesimo femminicidio la morte della giovane mamma 34enne che il compagno voleva far passare per una disgrazia
Soltanto pochi giorni fa Alessandro Impagnatiello ha ricostruito in 5 ore di deposizione senza alcun cedimento le dinamiche del delitto, ammettendo una volta per tutti l’atroce omicidio ai danni della compagna Giulia Tramontano, in attesa di suo figlio Thiago. Il 31enne ex-barman ha così confermato, oltre che l’omicidio, anche la volontà di voler nascondere la sua colpevolezza della morte della ragazza e i tentativi di depistaggio durante le indagini. Una procedura che purtroppo si è ripetuta nell’ultimo femminicidio, quello di Giada Zanola, la mamma 34enne morta lo scorso 29 maggio dopo una rovinosa caduta dal cavalcavia della A4 a Vigonza. Dalle prime parziali ammissioni fatte alla polizia ma anche grazie alle telecamere e alle testimonianze, sin da subito il caso è passato da suicidio a omicidio con l’accusa nei confronti del compagno Andrea Favero, 38enne e padre del piccolo di tre anni rimasto orfano della mamma.
Messaggi per depistare come Impagnatiello
In questo caso sembra che l’omicidio della compagna sia scaturito dopo l’ennesima violenta lite tra i due, avvenuta proprio nel cavalcavia da cui poi Favero, avrebbe spinto la compagna facendola precipitare per 15 metri sull’autostrada, dove è morta investita. Sarebbe così morta per femminicidio Giada, mentre inizialmente il compagno ha provato a far credere che si fosse lanciata e quindi suicidata. ‘Sei andata al lavoro?? Non ci hai nemmeno salutato!!’ è il messaggio che l’uomo le ha inviato una volta tornato a casa, tutto per depistare le indagini, proprio come i messaggi che aveva inviato Impagnatiello a Giulia dopo averla uccisa. Ma i tentativi di depistaggio di Favero sono durati poco anche grazie alle sue confuse deposizioni durante gli interrogatori dove il 38enne ha continuato a professarsi ‘innamoratissimo’ della compagna, ma ha parlato di un litigio che sarebbe continuato sul cavalcavia dove lui l’aveva raggiunta con l’auto: “Lei mi sbraitava addosso come spesso ultimamente faceva, dicendo che mi avrebbe tolto il bambino e non me lo avrebbe più fatto vedere (…). Ricordo che siamo scesi dall’autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano perché ricordo solo che mi continuava a ripetere che mi avrebbe tolto il bambino, ma non ricordo se e come ho reagito. Non ricordo se siamo saliti sul gradino della ringhiera che si affaccia sull’autostrada che funge da parapetto”. Secondo il Pm di Padova che segue il caso, i “vuoti di memoria” sono parte della “messa in scena”, appare “chiara l’esistenza di un forte movente: il suo viscerale attaccamento al figlio” e la paura di perderlo, presunte minacce “reiterate anche e soprattutto pochi istanti prima dell’omicidio”. Dalle testimonianze di amici e parenti i due stavano attraversando una crisi di coppia, tanto che la donna aveva annullato il matrimonio e i litigi erano all’ordine del giorno. Un’amica della vittima riferisce che la 34enne “le aveva confidato di aver paura dell’indagato” e “aveva visto anche le foto delle ecchimosi riportate dalla vittima ” a seguito di un litigio di pochi giorni prima dell’omicidio.
Femminicidi: dati allarmanti
In Italia i dati del fenomeno dei femminicidi rivela una vera e propria piaga sociale. Nel 2023 sono state 118 le donne uccise, di cui 96 in ambito familiare o affettivo. I dati diffusi dal ministero dell’Interno rivelano che questa tendenza non accenna a fermarsi nel 2024 dove in soli 5 mesi sarebbero state uccise già 16 donne.
Anche in Svizzera il dato dei femminicidi preoccupa. Nel 2023, infatti, si sarebbero verificati 20 omicidi di donne in un contesto familiare e quest’anno sono già 6 i femminicidi accertati.
Redazione La Pagina