L’iniziativa popolare “No Billag” vuole abolire il canone radiotelevisivo e provvedere così a più libertà di decisione sui
media. Per Governo e Parlamento nuocerebbe alla pluralità dei media
Da mesi il dibattito sull’iniziativa popolare “No Billag” agita gli animi e suscita appassionate discussioni in Svizzera. L’oggetto, in votazione il 4 marzo, chiede di sopprimere il canone radiotelevisivo, che viene riscosso su incarico della Confederazione, e vieta alla stessa di sovvenzionare emittenti radiofoniche e televisive con altri mezzi. Le concessioni per radio e televisione verrebbero regolarmente messe all’asta e resteranno di competenza della Confederazione. L’approvazione dell’iniziativa trasformerebbe il paesaggio radiotelevisivo. Il sevizio pubblico verrebbe drasticamente smantellato, poiché dai proventi del canone beneficiano emittenti pubbliche e private. Senza queste entrate molti programmi non potrebbero essere più prodotti. La loro offerta dipende in maggioranza dal canone.
In Svizzera le economie domestiche versano un canone radiotelevisivo: 451 franchi l’anno. I proventi del canone sono assegnati alla SRG SSR (Società svizzera di radiotelevisione), circa 1.2 miliardi e a 21 radio locali e 13 televisioni regionali, 61 milioni. In cambio queste emittenti adempiono a un mandato della Confederazione: promuovere la libera formazione dell’opinione e lo sviluppo culturale, contribuire all’educazione e allo svago del pubblico, essere al servizio della collettività senza fini di lucro e coprire con programmi le quattro regioni linguistiche e culturali svizzere. Una copertura nazionale che costituisce il servizio pubblico. Dal 2019 il canone Billag sarà sostituito da un canone generale, approvato dal popolo nel 2015, che scenderà a 365 franchi. Per le imprese l’importo del canone sarà calcolato applicando aliquote diverse in funzione della cifra d’affari: fino a 500.000 franchi l’imprese saranno esentata dal canone, circa il 75%.
L’iniziativa è stata promossa da giovani membri del (PLR) e dell’UDC, che affermano che l’obiettivo non è la fine della SRG SSR. L’abolizione del canone obbligatorio è uno sgravio finanziario per le economie domestiche e permetterebbe di decidere liberamente sulla scelta di prodotti mediatici. Per i promotori la SRG SSR è diventata troppo grande, deve risparmiare e ridurre le sue prestazioni, inoltre diventerebbe indipendente dalla Confederazione. Ciò aprirebbe le porte a un mercato più libero e concorrenziale. I cambiamenti tecnologici in corso e la nuova offerta digitale ha spostato l’attenzione dei consumatori, che possono accedere a offerte via internet. Soprattutto i giovani, che hanno una larga mentalità del gratuito, sono favorevoli all’iniziativa. Secondo il politologo Lukas Golder di gfs.bern “i giovani consumano i media diversamente. Da internet ricevono gratis non solo le informazioni, ma anche film e musica”. La “generazione Netflix” non comprende più la logica del canone o altre tasse.
In difesa del servizio pubblico si sono schierati il Consiglio federale e il Parlamento, che hanno raccomandato di respingere l’iniziativa. “Si tratta dell’esistenza della SRG SSR”. Con queste parole la ministra delle comunicazioni, Doris Leuthard è entrata in campagna di votazione. L’iniziativa nuoce alla pluralità e alla qualità dei media, essenziali in un Paese a democrazia diretta come la Svizzera e condurrebbe a un finanziamento della radio e della televisione puramente commerciale. Di conseguenza la produzione si ridurrebbe ai soli programmi redditizi e la dipendenza da finanziatori privati aumenterebbe. Per il Consiglio federale l’attuale offerta subirebbe una drastica riduzione, ad esempio nel contributo alla promozione della cultura e dello sport. Ripercussioni anche sul piano finanziario con la soppressione di posti di lavoro e gli introiti pubblicitari che defluirebbero all’estero.
A sostengo dell’iniziativa solo i rappresentanti dell’UDC. Tra favorevoli e contrari c’è una chiara spaccatura politica dei partiti. L’UDC contro il resto, poiché vuole una netta soluzione privata. Si è creata così un’alleanza tra UDC e giovani sotto i 30 anni, ma al momento non sarebbe in grado di ottenere una maggioranza il 4 marzo. Gli argomenti dei contrari hanno inciso, per ora, di più sui votanti. Secondo il primo sondaggio gfs.bern si preannuncia una bocciatura dell’iniziativa: il 60% degli intervistati respinge la proposta contro il 38% di sostenitori.
Gaetano Scopelliti
Per approfondire il discorso sulle votazioni è sempre bene chiedersi quali sono i pro e quali i contro, vediamo gli argomenti principali dei due comitati
Il Comitato del Sì dice:
Ci vuole una maggiore libertà di scelta, secondo gli autori dell’iniziativa “tutti dovrebbero poter disporre liberamente del denaro che si guadagna con fatica. Ogni persona conosce meglio le proprie esigenze e preferenze di altre e sa infatti come spendere i soldi guadagnati. Forzando ogni famiglia a pagare più di 450.- CHF ogni anno per il canone radiotelevisivo, si infrange il suo diritto all’autodeterminazione”.
Ci vuola la diversificazione in ambito mediatico, gli autori sottolineano come “i privilegi concessi dallo Stato alla SSR la rendono una società quasi monopolistica sul mercato che possiede armi nettamente migliori rispetto alla concorrenza”. Ciò distorcebbe il mercato
Ci vuole più critica, gli autori parlano anche del fatto che “l’abolizione della tassa, slegherebbe i media dal controllo statale e li incoraggerebbe a svolgere il loro ruolo di quarto potere, analizzando criticamente le azioni dei politici nel nostro paese. Senza dover avere paura di perdere i finanziamenti”.
Basta peso su consumatori e imprese, gli autori dell’iniziativa si riferiscono al fatto che “presto, le aziende dovranno pagare fino a 39.000 Franchi di canone radiotelevisivo obbligatorio all’anno. Eventualità che potrebbe portare inevitabilmente a tagliare i costi in altri ambiti aziendali come quello delle risorse umane o a innalzare il prezzo dei prodotti e dei servizi”.
Pensare alle persone: “È noto che ci sono molte persone che fanno girare ogni franco più volte nel portafoglio prima di spenderlo e che non possono permettersi lussi. Verrebbe reso un grande servizio a queste persone con l’abolizione del canone”.
Il Comitato del No dice:
Non è una riforma, secondo i contrari all’iniziativa “la completa abolizione delle nostre radioTV, in caso di accettazione di questa iniziativa disastrosa, non permetterebbe alcuna riforma. Delle nostre radioTV non resterebbe nulla!”
Bisogna difendere la democrazia, per i contrari all’iniziativa “solo votando NO possiamo preservare la coesione nazionale. Le nostre emittenti radioTV difendono le minoranze, preservano la nostra identità e sono garanti della coesione nazionale”.
La voce del paese, i contrari all’iniziativa sottolineano come bisogna “garantire che le nostre realtà di paese, le regioni periferiche e le minoranze linguistiche come l’italiano e il romancio possano continuare ad avere una voce nel panorama mediatico svizzero e regionale”.
Non distruggiamo l’economia, per i contrari “l’accettazione dell’iniziativa comporterebbe la scomparsa immediata nella sola Svizzera italiana di 1’700 posti di lavoro diretti. In secondo luogo, il pagamento del canone garantisce alla Svizzera italiana un tornaconto importante, poiché ogni franco versato genera 4 franchi di valore aggiunto”
Difendere la Svizzera, i contrari si riferiscono al fatto di non voler consegnare l’informazione a emittenti straniere, perché “In caso di abolizione del canone, nessuna emittente privata elvetica sarebbe in grado di eguagliare la copertura del territorio attualmente garantita da parte di SSR. Il territorio svizzero sarebbe invaso dalle grandi emittenti straniere, che soffocherebbero le voci nazionali e regionali sinora veicolate dalle nostre radioTV”.