Uno studio comparato del professor Evangelos Rizos pubblicato su The Journal of the American Medical Association sfata il mito delle pillole a base di grassi acidipolinsaturi e svela il giro d’affari che vi ruota intorno
Una volta, in politica, si diceva “Contr’ordine, compagni”, ora, in medicina, si dice “contr’ordine, pazienti”, ma la sostanza è identica. Da trent’anni a questa parte è stato detto che i grassi Omega-3 facevano aumentare il colesterolo buono, Hdl, e combattevano quello cattivo, Ldl, e i trigliceridi, ma ora è venuta la smentita. Non è vero niente. A dirlo sono i risultati di una ricerca scientifica pubblicata su The Journal of the American Medical Association, che in pratica certifica che gli Omega-3 sono più o meno dei palliativi, quindi non servono né contro l’infarto, né contro l’ictus. Aumenterà anche il tasso di colesterolo buono, ma questo non influisce positivamente contro infarto e ictus.
Ma come è nata l’idea degli Omega-3 toccasana contro le malattie cardiocircolatorie? Nacque circa 30 anni fa, quando si notò che il sistema cardiocircolatorio degli esquimesi e dei giapponesi era più sano di quello degli altri popoli e siccome la dieta degli esquimesi e giapponesi era ricca di olio di pesce, gli scienziati conclusero che gli Omega-3, presenti nei pesci dei Mari del Nord, come merluzzi, aringhe, salmoni e sgombri, che contengono grandi quantità di questi grassi, dovevano fare bene al cuore. Di qui la raccomandazione di assumere Omega-3 per la salute del sistema cardiocircolatorio, raccomandazione che poi, con il passare del tempo, è diventata una moda, facendo la felicità sia di medici che delle case farmaceutiche che hanno cominciato a produrre gli Omega-3 in pillole, i cosiddetti integratori. La fase successiva alla moda iniziale fu che gli Omega-3 furono caricati di troppe proprietà: non solo facevano bene al cuore, ma combattevano efficacemente anche l’artrite reumatoide, la psoriasi, l’emicrania, con grande soddisfazione di produttori di pillole.
Adesso, però, è venuta la doccia fredda sulle capacità taumaturgiche degli Omega-3, ad opera del professor Evangelos Rizos (Ospedale universitario di Ioannina, in Grecia), che ha accorpato una ventina di studi condotti lungo un arco di 24 anni su circa 70.000 pazienti, arrivando alla conclusione che non esiste un’evidenza statistica di una relazione tra l’assunzione di Omega-3 (grassi acidipolinsaturi) e l’abbassamento del rischio di attacchi di cuore, ictus e morte prematura. I dati, insomma, smentiscono i benefici di questi grassi e va da sé che subito c’è stata la presa di posizione contraria dei produttori di pillole agli Omega-3, i quali, solo nel 2011 negli Usa, hanno venduto integratori per oltre un miliardo di dollari. Una bella cifra.
In realtà, gli studi sugli Omega-3 sono sempre stati controversi. Ad esempio, molti scienziati hanno fatto notare che le persone affette da patologie cardiocircolatorie hanno avuto benefici anche perché prendevano farmaci che hanno migliorato la loro condizione. Altri scienziati ancora hanno fatto notare che gli Omega-3 sono efficaci, ma le loro proprietà sono state alterate dalla pubblicità, che ha ingigantito oltre misura i miracoli di questi acidi. Infine, c’è stato un effetto psicologico: avuta notizia che sono – magari normalmente – benefici, è iniziata la corsa agli affari e soprattutto all’uso più facile e più comodo, quello, appunto, delle pillole mentre l’uso più razionale e sano è quello di assumerli attraverso la dieta, magari come facevano proprio gli esquimesi, che mangiavano pesci e non pillole di pesce. Morale? Gli Omega-3 non faranno miracoli, ma nessuno è mai riuscito a dimostrare che l’olio di pesce faccia male. Quindi, è bene assumerli, ma attraverso l’unico modo davvero efficace, mangiando i pesci azzurri elencati sopra, possibilmente, anzi, senza possibilmente, facendo movimento e conducendo uno stile di vita sano.