Un fenomeno diffuso in molti Paesi del mondo che ognuno cerca di fronteggiare come può
Ci sono nove milioni di italiani che la notte non dormono. Non che vegliano perché lavorano, no, vegliano perché non riescono a chiudere occhio, soffrono d’insonnia. Magari vanno a dormire sul tardi, nella speranza che, stanchi, riusciranno a chiudere occhio; o magari fanno qualche esercizio fisico rilassante o pesante, per ottenere qualche beneficio durante la notte. Però il risultato è identico: si va a dormire, si legge, ci si addormenta, poi ci si sveglia. Uno pensa che sia già mattino e invece si guarda l’orologio o il telefonino e ci si accorge che manca poco all’una o al massimo alle due. Si spegne la luce, si pensa, ci si adagia su un fianco, ma niente, non c’è verso di prendere sonno. Passano le ore, poi, verso le sei, all’apparire dell’aurora, ci si appisola, per poi sentire la sveglia delle sette, più stanchi di prima e col capogiro. Più o meno queste sono le abitudini, i riti dell’esercito degli insonni, diventati tali per una serie di cause, che vanno dall’ansia provocata da una malattia ai problemi sentimentali, da quella per un congiunto gravemente ammalato o defunto a problemi di lavoro o sul lavoro, secondo una casistica che ha a che fare con situazioni psicologiche, sanitarie, umane ed anche economiche.
La spesa per comprare i cosiddetti ipnoconduttori – bevande, sonniferi alle erbe o farmaci ordinati dal medico – è stata negli ultimi 13 mesi di ben 127 milioni di euro. Non è certamente un problema solo italiano, anzi. Nel 2012 gli americani hanno speso ben 32 miliardi e quattrocento milioni di dollari per lo stesso scopo: dormire la notte o, quantomeno, dormire almeno 4-5 ore, ma si sarebbe contenti di arrivare fino a 3-4, che non è poi il massimo.
In altri Paesi, tipo quelli nordici, ma anche gli stessi Usa, si tenta di tutto per qualche ora di sonno in più, ad esempio materassi e cuscini speciali, radio che trasmettono musiche rilassanti. Non parliamo poi del web, dove tra esercizi per svuotare la mente, frasi dolci pronunciate da voci dolci e tranquille e altre diavolerie, uno dovrebbe cadere dal sonno e invece nulla, non ci sono risultati. I centri di benessere sono spuntati come funghi con personale specializzato che spiega come fare, quando, dove, cosa, poi, quando si va a letto nella speranza di ricordare i consigli dati (e pagati), tutto si rivela inutile.
Nei Paesi del Centro-Nord Europa da vari anni va di moda l’insegnamento delle tecniche di rilassamento, tipo corsi di yoga, esercizi di meditazione e di respirazione, spesso in gruppo, condotti da un maestro che si serve di musiche angeliche, che aiutano a staccarsi dai fatti reali per mettere da parte l’oggetto dell’ansia. I risultati ci sono, ma bisogna impegnarsi molto per arrivare a dei risultati. Da noi queste tecniche sono ancora poco diffuse, anche perché gl’italiani se la prendono con comodo, costa fatica uscire, recarsi in questi centri o presso chi organizza meditazioni ed esercizi spirituali, e si preferisce chiedere agli amici il nome di boccettine di valeriana che in genere non servono assolutamente a nulla.
Non parliamo delle sedute presso psicologi che insegnano “Terapia cognitiva comportamentale per l’insonnia”, che dovrebbe far dormire solo per le astrusità propinate, ma che ti accrescono l’insonnia al momento di pagare. Va detto, però, che è vero che le tecniche di rilassamento e le guide meditative un qualche beneficio lo danno, è pur vero che poi, quando si è soli a letto, tutte le tecniche rivelano i loro limiti, perché il sonno dipende da cause a volte sconosciute o contro cui non si può fare molto perché spesso non dipende da un atto di volontà. Conosciuta e superata la causa dello stress, il sonno dovrebbe venire automaticamente, ma, appunto, il difficile è proprio questo: eliminare davvero le cause che producono l’insonnia.
E allora? Allora ci vuole uno sforzo individuale del singolo, che deve trovare la sua strada, aiutato da amici, familiari, che possono svolgere un ruolo fondamentale per superare una certa fase esistenziale. Nei casi estremi – sempre che le varie tecniche citate si mostrino insufficienti – c’è il medico, lo psicologo, con farmaci da assumere sotto controllo medico, a volte indispensabile per evitare che la situazione diventi più pesante. Cosa che ben sanno coloro che, appunto, soffrono d’insonnia non passeggera (una notte, al massimo due) ma duratura.