Muoiono tre persone a Zurigo e in Svizzera si parla anche del caso di Rupperswil e di cyberbullismo
Gli ostaggi a Zurigo
Novità sul caso nel quale, durante il sequestro di ostaggi a Zurigo, sono morte tre persone. Il delitto sarebbe stato delineato in precedenza. Secondo quanto riporta il “Blick” il colpevole era noto alla polizia e una delle vittime avrebbe già fatto una denuncia ad aprile.
Il giornale sostiene che a questo punto, il rapimento avrebbe potuto essere evitato. Si tratta della 34enne, uccisa dal suo rapitore durante il sequestro, il pubblico ministero ha confermato che lei era la ex compagna del 60enne ed era stata proprio lei a denunciarlo ad aprile perché lui l’avrebbe stalkerata, minacciata. Inoltre avrebbe parlato di lei in modo screditante al suo capo e avrebbe inviato messaggi offensivi al fratello. “Tutta la storia precedente è oggetto delle indagini di polizia e pubblico ministero”, confermano le autorità al Blick.
Le prime forze d’intervento, quel venerdì, erano arrivate alle ore 5.30 sul posto, il 60enne che teneva in ostaggio le due donne di 34 e 35 anni, aveva detto di arrendersi, alle ore 8.30 ha ucciso le donne. Tutto il paese si è chiesto quindi perché le forze dell’ordine non erano intervenute prima. “La polizia non ha dato l’assalto prima degli spari perché il rapitore aveva detto di volersi arrendere”, ha detto il portavoce della polizia, sottolineando che non ci sarebbe stato modo di presumere che il 60enne modificasse le sue dichiarazioni. “Se fossimo intervenuti prima e qualcosa fosse andato storto, il nostro intervento sarebbe stato considerato giustamente sproporzionato”, ha detto ancora il portavoce.
La sentenza nel caso Rupperswil
Non è concessa la terapia ambulatoriale che il quadruplo assassino di Rupperswil nel canton Argovia aveva richiesto. Lo ha deciso il Tribunale federale la scorsa settimana. Il Tribunale federale, sottolinea Tio.ch, chiamato in causa da un ricorso del pluriassassino, ha confermato la posizione dei giudici argoviesi, sottolineando che la pronuncia di una misura terapeutica presuppone che un miglioramento concreto dei disturbi mentali legati ai reati commessi sia sufficientemente probabile nel giro di cinque anni.
Oltre all’ergastolo, il “mostro di Rupperswil” è stato condannato all’internamento ordinario, che non è stato contestato dal diretto interessato. Ciò presuppone, secondo il Tribunale federale, che l’uomo non possa accedere alle misure terapeutiche di lunga durata. Le condizioni per il trattamento non sono soddisfatte, ha concluso l’Alta Corte.
Il 36enne nel 2016 ha ucciso quattro persone, dopo essere entrato in casa, aver derubato la madre, violentato il figlio tredicenne e ucciso i due insieme all’altro figlio e alla sua ragazza.
Il mobbing continua
Nel 2017 la 13enne Céline Pfister di Spreitenbach nel canton Argovia si è suicidata dopo che era stata mobbata pesantemente su internet. Per la giustizia il caso è chiuso: due adolescenti sono stati condannati, una ragazza per tentata minaccia e insulto e un ragazzo per coartazione. È uscito ora che la ragazza, nonostante la condanna, continua a mobbare altre persone, un fatto che pesa fortemente sui genitori di Céline. Per i genitori è chiaro che dovrebbe stare ai politici dare dei segnali forti contro chi mobba le persone, chiedendo di inserire il cyberbullismo nei titoli di reato.