MINIVOCABOLARIO di Paolo Tebaldi
Sembra che i primi ad usare i numeri siano stati gli abitanti dell’Estremo Oriente e i popoli delle grandi città preelleniche, nelle valli del nilo gli egiziani e gli assiro-babilonesi in Mesopotamia, nelle regioni lambite dal Tigri ne dall’Eufrate. Gli serviva per contare i prodotti tessili, vasi, bestiame, terreni. Ma furono i greci, prima con la scuola pitagorica, poi con ejuclide, Archimede e Apollonio a dare una sistemazione scientifica alla matematica. Materia osica che ha fatto passare a generazioni di studenti ore agitate sui banchi di scuola. Che provoca non minore inquietudine quando le cifre si colorono di rosso nei bilanci dello stato, delle amministrazioni aziendali, delle banche o delle famiglie.
I numeri servono, nei regimi democratici, a quantificare i consensi che raccolgono i partiti. Sono essi, espressione della volontà dei cittadini, a sentenziare chi andrà al governo e chi all’opposizione. Nelle nazioni dove questa competizione non esiste e la dialettica e il confronto sono sconosciuti, i calcoli per sapere chi salirà al potere sono molto sbrigativi e si vota per un solo candidato: il capo indiscusso, il sovrano, il despota.
Il secolo scorso ha consegnato alla storia triste figure come Stalin, Hitler, Mussolini di cui rimangono la tragica testimonianza dei lager e die gulag, die campi di sterminio e delle camere a gas. L’Italia, che ha vissuto il ventennio nero, l’olio di ricino e le persecuzioni razziali, dovrebbe essere vaccinata da certe derive antidemocratiche. Abbiamo conosciuto «L’uomo qualunque», le idee separatiste, il populismo berlusconiano, l’antipolitica, il distacco tra opinione pubblica e istituzioni, l’astensionismo e la rabbia piazzaiola e inconcludente. Bisogna dunque guardarsi da certe forme di fascismo strisciante che senza abolire i fondamentali diritti di espressione e di partecipazione, tuttavia potrebbero ridurre il dissenso e l’iorganizzazione della critica. E’ sperabile che l’avvio della XVII Legislatura, con un governo voluto fortemente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, mettendo da parte contrasti, odi, contrapposizioni ventennali tra le due più forti compagini politiche, riesca a sviluppare ujn programma di rforme e di rilancio e ripresa dell’economia.
I numeri sono essenziali nelle ricerche degli istituti demoscopici che si preoccupano di conoscere e quindi orientare le scelte, le abitudini, le opinioni della gente. Gli strateghi delle statistiche sensazionali mettono in mostra vizi privati e pubbliche virtù ed espongono ai quattro venti tendenze, predisposizioni, comportamenti. Con l’ausilio di indici, grafici, tabelle si scopre se siamo conservatori o rivoluzionari, reazionari o riformisti, cattolici o laici, abitudinari o ribelli, vegetariani o antropofagi, multietnici o razzisti, monogami e fedeli o fedifraghi, se copuliano due volte la settimana o dopo il consumo di venti pacchecosì, per ujn punto inmeno, lo studente rischia di ripetere l’anno.
L’espressione «dare i numeri» viene usata quando si perde il senno, si dà in escandescenze o si reagisce in modo impujlsivo e irrazhionale contro il sistema costituito.
Il vocabolo «numero» ha diversi sognificati: ciascuna esibizione di uno spettacolo (teatro, circo, festival); la presentazione di un prodotto commerciale; scenetta comica, inusitata o curiosa; azione consueta, rituale, programmata; quantità di persone di cui è costituita una assemblea, una riunione, un congresso; persona priva di qualità o di doti; o, al contrario e al plurale, virtù, valore, merito (avere i numeri).
Si suol dire a propostito di chi dà i numeri: i matti stanno fuori; quantificarli è un vero problema.