Dopo che Bill Clinton ha criticato la prudenza del presidente sulla Siria e lo ha trattato da “fifone” per non aver aiutato gl’insorti con gli aiuti militari
Se alla Casa Bianca ci fosse stato Bill Clinton (o anche sua moglie Hillary), gli Usa sarebbero intervenuti in Siria dalla parte degli insorti. Non è l’opinione di qualche commentatore, è l’opinione dello stesso Clinton, e il suo intervento ha suscitato clamore, sia in America che in Europa e sicuramente anche nei Paesi arabi. Fin qui è l’esternazione di un ex presidente; ciò che invece sta facendo riflettere è che Clinton l’ha detto in opposizione ad Obama, il presidente che, invece, ha in più di un’occasione manifestato freddezza nel voler intervenire direttamente in un conflitto.
Si sa che in Siria la bilancia ha cominciato a pendere a favore di Assad, che negli ultimi tempi si è ripreso molte delle città che prima erano cadute nelle mani degli insorti. Due sono le cause della “rimonta” di Assad. La prima è stato l’atteggiamento della Russia (e anche della Cina, seppure in maniera meno scoperta) che ha impedito in seno al Consiglio di Sicurezza con il suo veto un intervento militare in Siria e poi, negli ultimi tempi, vendendo missili ad Assad per contrastare la superiorità aerea israeliana; la seconda l’intervento a favore di Assad di Hezbollah, i guerriglieri di Dio libanesi. Da quando Hezbollah si è mosso, si sono cominciate a capovolgere anche le sorti della guerra civile, fino, appunto, a giungere alla situazione attuale secondo cui Assad, dato un tempo per sconfitto, è risorto.
Ebbene, senza questa precisazione non si sarebbe capito il significato dei giudizi di Clinton su Obama. Clinton, dunque, è intervenuto almeno due volte in maniera critica sul presidente in carica, al punto da rasentare la derisione.
L’ex presidente ha partecipato ad un evento a porte chiuse, senza la presenza della stampa, ma un invitato ha registrato le parole di Clinton e le ha passate alla stampa, facendo nascere il caso. Clinton se l’è presa con la prudenza di Obama, attento ai sondaggi e agli umori della gente, che è contraria ad un intervento in Siria. In sostanza, Clinton ha detto che anche se l’opinione pubblica è contraria all’intervento, un leader non può lasciarsi guidare dai sondaggi, ma deve agire in base agli elementi di cui dispone. E ha aggiunto, quasi a voler confrontare l’atteggiamento di Obama con il suo: “Io ho fatto così quando siamo intervenuti in Bosnia e in Kosovo. Poi, certo, ogni crisi è diversa. Non dico che la Siria sia come l’Iraq o l’Afghanistan. Né che dobbiamo inviare truppe Usa in quel Paese”. Le parole di Clinton fanno capire esattamente ciò che Clinton ha negato, e cioè che lui sarebbe intervenuto. Ciò, però, che ha colpito Obama (che ha fatto rispondere in modo diplomatico al suo portavoce) è la lezione di politica estera svolta da Clinton, quando questi ha invitato il presidente a mostrare la leadership. “La gente”, ha detto Clinton, “ti ha assunto coi suoi voti perché tu vinca, per la tua capacità di guardare dietro l’angolo e decidere quello che si deve fare”. Obama, dicevamo, ha risposto tramite il suo portavoce, che ha detto: “Il presidente ascolta tutti, accoglie giudizi e critiche, ma alla fine prende le decisioni che è convinto siano nel miglior interesse del Paese”.
Ma la stoccata che ha fatto arrabbiare Obama è quando Clinton, benché a porte chiuse e senza la stampa, ha osservato che se non si agisce sulla scorta dei sondaggi, poi va a finire che la situazione degenera e ti ritrovi Assad, i russi, gli iraniani e Hezbollah che conquistano terreno e tu, riferendosi a Obama, “fai la figura del fifone”.
Sicuramente dietro l’attacco di Clinton c’è il fatto che sua moglie Hillary non è più Segretario di Stato, è possibile che sia iniziato il pressing in vista di una candidatura di Hillary fra poco più di tre anni, ma è anche probabile che Clinton ragioni come se fosse lui il presidente. Fatto sta che dopo l’intervento di Clinton Obama ha dichiarato che Assad aveva oltrepassato la “linea rossa” usando il gas Sarin e che dunque gli Usa avrebbero dato armi agli insorti, non escludendo altre opzioni come l’intervento diretto o la no-fly zone, anche se, ha precisato il portavoce di Obama, l’accordo politico sarebbe da preferire. Insomma, a questo punto sicuramente salterà o verrà svuotata la Conferenza di pace a Ginevra e sicuramente Obama chiederà al Congresso il via libera al finanziamento degli “aiuti militari” agli insorti.