Usa: i repubblicani conquistano il Senato
Si prospettano due anni difficili per Barack Obama. Il presidente infatti dovrà fare i conti con un Congresso tutto repubblicano, dopo che il Grand Old Party in queste elezioni di Midterm è riuscito a mettere le mani anche sul Senato e allo stesso tempo a confermare la Camera, dove ha ampliato la maggioranza. Un grosso problema per le politiche dell’amministrazione Obama, che dovrà confrontarsi con il consolidamento a Capitol Hill del potere repubblicano, che non controllava entrambi i rami del parlamento dal 2007. Oltre a questo il Gop ha anche messo a segno buone performance nelle elezioni dei governatori per i quali si combatteva in 36 Stati. Fondamentali sono stati sette Stati che il Gop è riuscito a strappare ai democratici: North Carolina, Arkansas, West Virginia, South Dakota, Montana, Colorado e Iowa. I repubblicani avevano bisogno di sfilare sei seggi ai democratici (e di confermare tutti quelli già controllati) per riuscire a controllare il Senato: il partito del presidente infatti aveva 53 seggi, contro i 45 del Gop e i 2 indipendenti (alleati con i democratici). La serata elettorale è andata liscia e il Gop è riuscito non solo a confermare gli Stati in cui già era dato vincente, ma a prendere il controllo di altri Stati chiave. La prima campanella della vittoria è arrivata poco dopo l’ora di cena con il leader della minoranza al Senato, Mitch McConnel, che ha riconfermato il suo seggio. McConnel, una figura con la quale Obama dovrà confrontarsi se vorrà portare a casa qualcosa nei prossimi due anni. Obama ha detto di aver preso atto di questa sconfitta elettorale e ha assicurato agli elettori: “Vi sento! Sento anche i due terzi di voi che non hanno partecipato alle elezioni!”. Solo il 36,6% degli aventi diritto al voto sono andati all’urna. Mentre per le elezioni presidenziali di solito partecipa il 60%, le elezioni Midterm solitamente hanno un’affluenza di più del 40%, nel 2010 infatti ha partecipato il 45,5%. Sarebbero però proprio gli aventi diritto di voto che tradizionalmente sostengono i democratici a rimanere a casa. Parliamo dei giovani, donne e ispanici di cui una gran parte non ha partecipato alle elezioni, dandosi riconoscibilmente delusi della politica di Obama. Le colpe di questa delusione sarebbero la mancanza di riforme per il sistema di formazione e l’immigrazione, l’economia, il rinforzo della classe media e soprattutto il mondo del lavoro, dove vengono chiesti non solo più posti di lavoro, ma anche quelli meglio retribuiti.
All’indomani della sconfitta, il presidente Obama ha messo le mani avanti su uno dei temi che nei prossimi mesi potrebbero portare a una guerra con i repubblicani: “La legge funziona ma questo non vuol dire che non possa essere migliorata”. La riforma della sanità, che per il presidente non si deve toccare. “Mi opporrò a qualsiasi tentativo di abrogazione”, ha detto. Questo mentre i repubblicani preparano l’attacco. Il leader della minoranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, aveva definito Obamacare “un grande errore” facendo intravedere i primi venti di battaglia. Da sempre il Gop si è opposto alla legge firmata dal presidente nel 2010 ed entrata in vigore quest’anno, non senza enormi problemi nei primi mesi. Ma Obama prova ad anticipare i repubblicani e dice di essere pronto ad ascoltare tutte le proposte. “Attendo che i repubblicani mi portino una lista con i miglioramenti che intendono apportare”, ha detto durante il suo discorso. “Sappiamo che la riforma funziona”, ha concluso Obama ricordando che al nuovo piano si sono iscritti oltre 7 milioni di americani.
Di sicuro però non è l’unico problema che Obama dovrà affrontare nei prossimi due anni, tra le questioni da trattare ci sarebbe anche quella di Keystone, che Obama credeva archiviato. Keystone XI è il colossale oleodotto che dovrebbe collegare il Canada al Golfo del Messico, progetto lanciato dai repubblicani che ora torneranno all’attacco per portarlo a termine.
In molti si chiedono quale sarà la prossima mossa del presidente che parlando dopo la sconfitta ha detto che vuole “lasciare che il processo indipendente sull’impatto giunga al suo termine”. Secondo molti analisti si rifiuterà di approvare o respingere un’eventuale proposta repubblicana cercando di prendere altro tempo. Ma forse entro la fine del suo mandato non potrà più rimandare e la questione Keystone Xl arriverà a una conclusione, in un modo o nell’altro.