Secondo Emma Bonino, che ha espresso la posizione dell’Italia contro ogni azione militare, ci sono rischi enormi di “deflagrazione mondiale”
Non sappiamo quando e se ci sarà per davvero l’attacco “fatto su misura e limitato” a Damasco da parte degli Usa, ma sappiamo che se Obama deciderà per il sì, andrà a cacciarsi in un vespaio da cui a uscirne con le ossa rotte potrebbero essere non solo o non tanto gli Usa quanto tutta la regione, già in fiamme, con rischi di una “deflagrazione mondiale”. Quest’ultima espressione non l’abbiamo usata noi, ma il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino.
Dopo la presentazione del Segretario di Stato, John Kerry, del rapporto dell’intelligence – dove si parla di “evidente” responsabilità del regime nell’uso del gas nervino contro la popolazione civile (1429 morti tra cui 426 bambini) e di ipotesi “altamente improbabili” che siano stati gli oppositori ad usarlo – il presidente Usa ha detto: “Nessuno è più stanco di guerre di me, ma abbiamo il dovere di rispettare le norme internazionali. Inaccettabile che siano uccise donne e bambini”. Obama, dunque, promette un intervento limitato per far capire ad Assad che le regole vanno rispettate e che certi limiti sono invalicabili, pena, appunto, una lezione.
La ricostruzione americana delle operazioni accadute nella zona di Adra, vicino Damasco, prima e dopo il 21 agosto sembrerebbe avallare la tesi che il regime abbia usato il gas per bloccare l’avanzata degli oppositori, ma quest’uso, a giudizio di autorevoli analisti militari, “non è provato al di là di ogni ragionevole dubbio”. Gli ispettori dell’Onu hanno terminato sabato scorso le loro inchieste, hanno confermato l’impiego del gas ma non si sono espressi su chi lo ha usato. E se le prove raccolte dovessero risultare “manipolate”, come successe prima dell’intervento in Iraq? Anche allora furono mostrate prove fotografiche e satellitari “evidenti”, salvo poi a guerra inoltrata ed a territorio completamente occupato scoprire che le armi chimiche di Saddam non esistevano.
Lo stesso Obama si rende conto della difficoltà dell’impresa quando parla dell’”impotenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu” e di “molti che dicono che bisogna agire e poi non lo fanno”. La scorsa settimana abbiamo ricordato che la Russia e la Cina sono schierate dalla parte di Assad e che hanno posto il veto ad un intervento dell’Onu. Anche la Nato, proprio nei giorni scorsi, ha detto no ad un’azione militare contro la Siria. Ha detto no anche il parlamento britannico con un voto negativo. Cameron si è detto dispiaciuto ma non sarà a fianco del tradizionale alleato in quest’avventura. Si sono tirati indietro molti altri Paesi tra cui la Germania e la Polonia. Gli Usa sono rimasti soli, gli unici a dire “saremo al vostro fianco” sono stati i francesi di François Hollande, alla ricerca di qualche giornata di gloria per risalire nei sondaggi, e la Turchia.
L’Italia aveva già precisato giorni fa che senza la copertura dell’Onu non avrebbe concesso le sue basi. Quella copertura non c’è e non ci sarà, dunque, ha dichiarato Emma Bonino, “la Siria non è Belgrado, un attacco comporta rischi enormi, addirittura una deflagrazione mondiale: senza mandato Onu, Damasco reagirà e potrebbero muoversi anche Hezbollah, Russia e Iran”. L’analisi di Emma Bonino si completa con riferimento al fatto che “allo scontro tradizionale sciiti-sunniti se ne aggiunge uno micidiale all’interno della famiglia sunnita”. Gli Usa hanno espresso il loro “rammarico” non tanto o non solo per la posizione italiana, ma soprattutto per “i toni accesi” usati dal nostro ministro degli Esteri, che polemicamente ha sottolineato: Parlano di attacchi mirati, ma i conflitti cominciano sempre così: quella è una polveriera e non è saggio buttarci dentro un fiammifero”.
Si sa che in caso di attacco missilistico Usa-Francia alla Siria non resterebbe che incassare, perché non ha una difesa formidabile, però ha una capacità offensiva da non sottovalutare. L’Iran ha già detto che interverrà a favore della Siria, probabilmente attaccando Israele, che a sua volta coglierà l’occasione per regolare i conti con l’Iran e i suoi siti nucleari. Però anche Hezbollah potrebbe colpire Israele, senza contare che la Russia ha già potenziato la sua flotta nel Mediterraneo per ostacolare i movimenti di Usa, Francia e Turchia.
Obama ha minacciato un intervento ma non ha ancora deciso, aspetterà il Congresso che riapre il 9 settembre. Se decide per l’intervento, il Medio Oriente mai come ora rischia seriamente di esplodere; se rinuncia, dimostrerà debolezza e indecisione al mondo. Obama si è cacciato da solo nei guai e qualunque cosa faccia per uscirne, gli si torcerà contro in termini di giudizi storici e politici.