Riflettori su New York, questa settimana, dove si è svolta la 65esima Assemblea generale dell’Onu, preceduta da una conferenza, sempre organizzata dall’Onu, per fare il punto, a due terzi del percorso, sul raggiungimento degli obiettivi fissati nel 2000, i quali consistevano nel dimezzare la fame nel mondo della metà entro il 2015.
È possibile farcela, è stato il messaggio della conferenza, certificato dalla Banca Mondiale, secondo cui è possibile ridurre della metà il numero di chi attualmente vive con 1 dollaro e 25 centesimi al giorno.
L’ostacolo maggiore è rappresentato dall’aumento dei costi degli alimenti. Finora si sono fatti passi in avanti, grazie anche al via libera, in alcune aree del pianeta, all’impiego degli ogm (organismi geneticamente modificati), che fanno aumentare la produzione, ma i poveri si riproducono anno per anno. Di qui, la lotta continua contro la fame nel mondo.
L’altro obiettivo da raggiungere è l’istruzione elementare generalizzata. 50 Paesi ci sono riusciti, ma altri no, soprattutto in Africa, mentre altri sette Paesi sono a buon punto.
L’iniziativa annunciata nel corso della conferenza parla di 16 milioni di madri e bambini da salvare: ridurre di due terzi la mortalità infantile e di tre quarti quella delle donne incinte.
Altri obiettivi: la riduzione del numero dei malati di aids. Anche in questo campo sono stati fatti molti progressi, ma nel 2008 i malati erano ancora 33 milioni in tutto il mondo, di cui i due terzi in Africa.
Uno dei punti affrontati durante la conferenza riguarda l’entità degli aiuti da parte di ciascun governo e la gestione di essi. Sono molti i Paesi che promettono aiuti e poi non riescono a mantenere le promesse, ma sono anche tanti gli aiuti che non arrivano a destinazione.
Per far fronte al primo punto il Presidente francese Sarkozy ha lanciato la proposta di tassare gli scambi finanziari: in questo modo non è possibile tirarsi indietro o non garantire gli aiuti promessi. Angela Merkel ha invitato i Paesi sottosviluppati a non contare solo sugli aiuti internazionali, ma di essere artefici del loro sviluppo.
Il Presidente Usa ha messo l’accento sull’aspetto umanitario degli aiuti: meno poveri ci sono, più persone istruite ci sono, meno dipendenza esisterà. L’Onu, per bocca del suo Segretario Generale, Ban Ki-moon, metterà a disposizione 40 miliardi di dollari.
Alla conferenza, come accennato, è seguita l’assemblea delle Nazioni Unite e qui la platea si è riscaldata a causa delle polemiche che l’hanno preceduta. Va da sé che le divergenze riguardano i punti caldi del pianeta e in modo particolare il Medio Oriente. Da registrare il discorso di Barack Obama, che ha invitato Israele a non bloccare la moratoria sugli insediamenti nei territori occupati, moratoria che sta per scadere e che è uno dei punti di disaccordo tra gli israeliani e i palestinesi.
Obama ha anche invitato i Paesi arabi a non mettere in questione la legittimità dello Stato di Israele e tutte e due le parti a fare sforzi per arrivare ad un accordo entro un anno.
Ecco il testo delle sue parole: “Quando torniamo qui il prossimo anno, potremo avere un nuovo membro delle Nazioni Unite, uno stato indipendente di Palestina, che vive in pace con Israele”.
L’auspicio è sacrosanto, ma il cammino è tortuoso e irto di difficoltà, anche se l’ottimismo è d’obbligo. Di fronte ai rappresentanti di 192 nazioni – di cui 52 islamiche – il Presidente americano è tornato ad invitare l’Iran a riprendere la trattativa sul nucleare, ma la risposta del Presidente Mahmud Ahmadinejad è dello stesso tenore di altre: apertura a parole, chiusura di fatto, per guadagnare tempo.
In sostanza, l’Iran marcia spedito verso il nucleare, che non si limita a quello civile, ma anche a quello militare. Al regime degli ayatollah interessa tenere alto il livello della polemica verbale.
Il Presidente iraniano, infatti, ha ammonito gli Usa e Israele invitandoli a farsi gli affari loro senza ingerirsi in quelli iraniani e chiarendo che se verranno attaccati o da Israele o dagli Usa, ci saranno risposte che non si limiteranno ad uno scambio di missili. Ahmadinejad ha fatto riferimento al Vietnam e alla seconda guerra mondiale, per dire che un eventuale conflitto sarà una tragedia dell’umanità.
Pubblicamente ha polemizzato con gli Usa, dicendo che gli attentati dell’11 settembre sono stati orchestrati dagli Usa stessi “per salvare il regime sionista”.
Inutile dire che quando ha parlato il Presidente iraniano sono stati molti i rappresentanti di Paesi che sono usciti dall’aula, come era stato il rappresentante dell’Iran ad uscire quando aveva parlato Obama.
A margine dell’assemblea Onu, c’è stato l’incontro bilaterale Usa-Cina, improntato sulla cordialità e sull’amicizia, ma per lo più solo di facciata, in quanto i Paesi della costa orientale cinese, a parte la Corea del Nord, sono in fermento perché ormai a quelle latitudini è la Cina che comanda ed è un comando dalla mano pesante.
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