Ispirata alla vicenda autobiografica del regista, il film di Noce presentato alla Mostra del cinema di Venezia è atteso in Svizzera dal 17 giugno
Padrenostro di Claudio Noce ci trasporta direttamente negli anni di piombo italiani, non solo attraverso le immagini, l’abbigliamento e l’arredamento ricercatissimo e dal rimando immediato a quel periodo, ma soprattutto attraverso una vicenda realmente accaduta e dalla quale prende avvio il film. Si tratta dell’attentato al vicequestore Alfonso Noce da parte dei NAP (Nuclei Armati Proletari) il 14 dicembre 1976, ovvero una vicenda assolutamente personale che il regista ha vissuto in prima persona perché il vicequestore Alfonso Noce era suo padre ed è a lui che la pellicola è dedicata. “Nel dicembre del 1976, quando mio padre subì l’attentato, io avevo due anni, abbastanza per comprendere la paura troppo pochi per capire che quell’affanno avrebbe abitato dentro di me per molto tempo. Non sono mai riuscito a dirglielo” afferma il cineasta. Attraverso questo suo terzo lungometraggio Noce scrive una sorta di “lettera” aperta al padre, una figura così “forte, magnetica, eroica”, specchio di tutta quella generazione di uomini che celavano le proprie emozioni nei silenzi per non rischiare di apparire deboli. È questa l’immagine che meglio descrive il vicequestore interpretato da un intenso Pierfrancesco Favino, premiato con la coppa Volpi come miglior interprete al Festival di Venezia 2020, premio meritatissimo. Ma il film si avvale anche dell’interpretazione di altri due grandi protagonisti, Francesco Gheghi e Mattia Garaci, nel film rispettivamente Christian e Valerio, due ragazzi giovanissimi i cui destini si incrociano inaspettatamente. Valerio ha 10 anni e l’immaginazione tipica dei bambini di quell’età. È il figlio maggiore del vicequestore che assiste all’attentato del padre e all’uccisione di uno dei terroristi. Da quel momento la paura e il senso di vulnerabilità segnano drammaticamente i sentimenti di tutta la famiglia. Fino a quando, quasi inspiegabilmente, nella vita di Valerio fa irruzione Christian, un ragazzino poco più grande di lui e soprattutto differente per atteggiamenti e stile di vita. I due instaurano un bel rapporto di amicizia e vivono un’estate carica di scoperte che cambierà per sempre le loro vite. Ma l’incontro con Christian, si scoprirà alla fine, non è così casuale come potrebbe apparire, ma sembra anzi ricondurre alla figura del padre di Valerio e non solo, svelando in questo modo il doppio significato del titolo.
Gli anni di piombo sono raccontati attraverso lo sguardo inedito di un bambino, Valerio, che vive in prima persona i sentimenti di paura che ha vissuto nella sfera privata, ma che riflettono quei sentimenti universali che rappresentano quel periodo: rappresentare sullo schermo questa dualità è stata “una grande sfida come cineasta e come uomo” afferma il regista che durante tutte le fasi della lavorazione del film ha dovuto affrontare una faticosa battaglia interiore ripercorrendo le paure della sua infanzia: “la notte durante la mia infanzia sono rimasto sveglio convinto che l’indomani mattina sarebbero tornati a prendersi mio padre. Molte notti da bambino affacciato alla finestra mentre tutti dormivano. Forse anche questo non l’ho mai raccontato alla mia famiglia”. Dopo il successo riscontrato alla 77a edizione della Mostra del cinema di Venezia, Padrenostro è atteso 17 giugno nelle sale svizzere.
Redazione La Pagina