Roma teatro di incontri al vertice tra Tzipi Livni e Kerry e tra quest’ultimo e il premier Letta, nonché con Tony Blair, rappresentante del “Quartetto”, per la pace in Medio Oriente
Roma la settimana scorsa è stata il teatro di vari incontri ad alto livello. Innanzitutto quella tra il Segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro della Giustizia israeliano, Tzipi Livni; poi quello tra Kerry e Bonino, ministro degli Esteri Italiano; e infine quello tra Kerry e Letta. Roma è stata al centro dello sguardo di Putin, perché Kerry prima di Roma era stato a Mosca, ma anche di Abu Mazen e in genere dei Paesi arabi, senza contare il vertice tra Tony Blair, rappresentante del “Quartetto” e Kerry. Evidentemente Roma è stata scelta perché garante delle posizioni degli interlocutori diretti, palestinesi e israeliani. Tanti incontri al vertice con un solo argomento: la pace nel Medio Oriente tra palestinesi e Israeliani e in Siria una soluzione di pace alla guerra civile tra i sostenitori del regime di Assad e gl’insorti.
Il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, in una conferenza stampa ha fatto notare “il dinamismo americano per la pace in Medio Oriente”, ed è vero: John Kerry sta trascorrendo molto tempo a Roma, a Mosca e a Gerusalemme. Distacchiamo, per comodità d’esposizione, la Siria dalla questione israelo-palestinese, e facciamo notare che l’incontroTzipi Livni-Kerry è stato contrassegnato dal riconoscimento del ministro della Giustizia degli sforzi che l’amministrazione Obama sta facendo nel tentativo di riportare la pace tra i due popoli che non riescono a mettersi d’accordo sui confini, sulla Capitale, sugli insediamenti in Cisgiordania.
Tzipi Livni sta incoraggiando Kerry, ne ha apprezzato “l’entusiasmo e gli sforzi” ed è favorevole alla ripresa di un “rinnovato impegno” che possa risuscitare speranza nella regione”. Ricordiamo che le trattative dirette sono ferme, in sostanza, dal 2006, quando Hamas vinse le elezioni nella Striscia di Gaza ed operò una svolta che si è mostrata molto pericolosa, tanto è vero che nel 2010 e nel 2012 ci sono state due crisi, la prima delle quali molto sanguinosa con il bombardamento di Gaza da parte di Israele quotidianamente bersagliata dai missili che cadevano su palazzi in territorio israeliano.
L’abbiamo già detto nella scorsa edizione: la ripresa delle trattative è ora molto vicina, dopo sei anni di conflitti e di tensioni. Sarà che Abu Mazen, ottenendo l’approvazione della proposta da parte della maggioranza dei Paesi dell’Onu di considerare la Palestina come osservatore permanente, ha messo in un angolo Hamas; sarà che la guerra civile in Siria sta drammatizzando la situazione in Medio Oriente, fatto sta che, complice la Lega araba, le distanze tra i palestinesi e gli israeliani si sono accorciate. Si torna a discutere non tanto sui preliminari, quanto su elementi nuovi o, per lo meno, ritornati di attualità.
Innanzitutto i tempi: tra Kerry e Tzipi si è convenuto che entro la prossima estate i nodi del contenzioso tra palestinesi e israeliani dovranno essere sciolti per avviare la trattativa vera e propria su punti noti ma che potrebbero subire un’inaspettata accelerazione. I palestinesi chiedono il blocco degli insediamenti, il rilascio dei prigionieri, lo scambio dei territori a partire dai confini del 1967 e la garanzia di Gerusalemme Est come capitale del nuovo Stato, mentre gl’israeliani mettono l’accento sul riconoscimento dell’esistenza dello Stato di Israele. Ovviamente non è così semplice ma questi sono gli obiettivi dell’impegno Usa per la pace che, come osservato da Bonino e Tzipi, si sta facendo sempre più stringente nell’evidente scopo non solo di raggiungere finalmente un traguardo da lungo sognato, ma anche di ottenere un risultato che potrebbe essere il punto di partenza per soluzioni politiche in tutta la regione.